Hackerati gli screen dell’aeroporto di Beirut con messaggi contro Hezbollah

di Redazione

Ieri le schermate di visualizzazione delle informazioni presso l’aeroporto internazionale di Beirut sono state violate da gruppi hacker anti-Hezbollah interni, mentre gli scontri tra il gruppo libanese, sostenuto e finanziato dall’Iran e l’esercito israeliano continuano a intensificarsi lungo il confine.

Le informazioni sugli screen delle partenze e arrivi dei voli sono state sostituite da un messaggio che accusa il gruppo Hezbollah di mettere il Libano a rischio di una guerra totale con Israele.

Le schermate mostravano un messaggio con i loghi di un gruppo cristiano estremista chiamato Soldati di Dio, che ha attirato l’attenzione nell’ultimo anno per le sue campagne contro la comunità LGBTQ+ in Libano, e un gruppo poco conosciuto chiamato Colui che Parlò.

In una dichiarazione video, il gruppo cristiano ha negato il coinvolgimento, mentre l’altro gruppo ha condiviso foto delle schermate sui propri canali social. Hassan Nasrallah, non avrai più sostenitori se maledici il Libano con una guerra di cui porterai la responsabilità e le conseguenze”, recitava il messaggio. Molti anche i riferimenti alle accuse interne mosse ad Hezbollah per aver utilizzato lo scalo civile per il contrabbando di armi e munizioni con l’Iran.

Dalla piattaforma X

Il messaggio affermava, infatti, che l’aeroporto non era “l’aeroporto di Hezbollah e dell’Iran”, secondo quanto riportato dal The Times of Israel. L’Agenzia Nazionale delle Notizie del Libano ha dichiarato che “l’attacco informatico alle schermate di partenza e arrivo all’aeroporto aveva disturbato anche il sistema di ispezione dei bagagli BHS“. I passeggeri, increduli, si sono radunati intorno alle schermate, scattando foto, condividendole sui social media.

Hezbollah dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre ha iniziato a colpire basi militari e posizioni israeliane vicino al confine settentrionale del paese. Israele, in risposta, ha colpito posizioni di Hezbollah avvertendo che vuole allontanare l’affilitao dell’Iran dal suo confine. Gli scontri quasi quotidiani si sono intensificati notevolmente nell’ultima settimana, dopo un presunto attacco israeliano in un sobborgo del sud di Beirut che ha ucciso il dirigente di Hamas Saleh al-Arouri.

Il Segretario di Stato degli Stati Uniti Anthony Blinken e l’inviato speciale degli Stati Uniti Amos Hochstein sono stati inviati nella regione per cercare di calmare le tensioni mentre la guerra contro Hamas minaccia di espandersi a livello regionale. “Questo è un momento di profonda tensione per la regione. Questo è un conflitto che potrebbe facilmente metastatizzare, causando ancora più insicurezza e sofferenza“, ha detto Blinken ai giornalisti ieri sera dal Qatar.

Sabato scorso il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha giurato che il gruppo avrebbe vendicato il paese per l’attacco di martedì ad Arouri, respingendo le critiche secondo cui Hezbollah stava cercando una guerra a tutto campo con Israele. Naturalmente Nasrallah ha detto che se Israele dovesse intraprendere una guerra su larga scala, Hezbollah è pronto per una guerra “senza limiti”.

Hezbollah, in risposta all’uccisione di Arouri, sabato mattina ha lanciato 62 razzi verso una base di sorveglianza aerea israeliana sul Monte Meron. Sabato, il capo della politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha incontrato un funzionario politico di Hezbollah a Beirut, nell’ambito di un’azione volta ad evitare che il Libano venga trascinato nella guerra tra Israele e Hamas, ha detto una fonte dell’Ue al TOI.

In quasi tre mesi di guerra a bassa intensità a ridosso dei confini, Hezbollah ha riferito di aver subito 153 vittime tra i suoi membri, uccisi da Israele. Principalmente in Libano ma alcuni anche in Siria. In Libano, altri 19 membri di altri gruppi terroristici, un soldato libanese e almeno 19 civili, di cui tre giornalisti, sono rimasti uccisi. Nel nord di Israele, nove soldati e almeno quattro civili sono stati uccisi, secondo le autorità israeliane. Altri attacchi si registrano anche in Siria, mentre si intensificano gli sforzi della diplomazia internazionale e regionale per evitare un’escalation dai risvolti altamente imprevedibili.

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