IA: nuova frontiera della tecnologia digitale in grado di replicare se non addirittura migliorare prestazioni dell’intelligenza umana

(di Nicola Simonetti) “Materia affascinante ma anche spaventosa perché  – dice Amedeo Cesta (Istituto Scienze e Tecnologie della cognizione del CNR) – apre la fantasia verso orizzonti temuti di perdita di posti di lavoro e di rimpiazzo dell’uomo da parte delle macchine. Preoccupazioni comprensibili ma lontane dall’ordinato sviluppo di questo settore. Si ripetono stereotipi già vissuti in anni passati (stampa, auto, internet, ecc). È che noi, cittadini del Tremila, avvertiamo di più i cambiamenti che si ripetono velocemente, più volte nel corso di una stessa vita.

Il sistema IA va perfezionandosi. Per esempio il numero di errori della macchina che, nel 2010, raggiungevano il 30%, oggi si sono ridotti al 2,8% ma l’uomo ne è stato co-protagonista. In compenso, si è avuto, grazie a questi progressi, un pullulare di lavori scientifici, start up, partecipazione da lontano a conferenze in numero tale “da far paura”.

Il robot si affaccia come intruso ma rassicura la sua simbiosi con la persona che resta sempre “agente prima” e che non può non governare il sistema.

Un osservatorio continuo, attento, capace ed operativo si impone a calmierare, gestire il sistema.

E gli italiani – attesta l’indagine Eikon-Gilead, presentata, a Milano, in occasione della premiazione dei vincitori dell’8° edizione dei 3 Bandi di concorso promossi da Gilead Italia – si mostrano ottimisti.   Il 95% pensa che, nei prossimi 10 anni, le tecnologie digitali potranno migliorare la vita delle persone e circa il 30% ritiene che esse potranno essere utili per la prevenzione, la diagnosi e il monitoraggio delle malattie. Sono ugualmente ottimisti e fiduciosi quando si parla di IA: quasi 8 su 10 auspicano che essa possa trovare maggiore applicazione in ambito medico.

La ricerca e l’iniziativa Gilead chiamano in causa App e sistemi di intelligenza artificiale, reti informatiche a supporto dell’attività del medico e siti di informazione sulle patologie infettive e rispondono con progetti, realizzati grazie al Digital Health Program, selezionando i migliori servizi e strumenti che, attraverso le tecnologie digitali, possono migliorare qualità di vita e assistenza terapeutica del paziente con HIV (aids), patologie epatiche e oncoematologiche.

“Iniziative come il Digital Health Program – dice Eugenio Santoro, ricercatore del Laboratorio di Informatica dell’IRCCS Istituto Mario Negri di Milano e Coordinatore della Commissione giudicatrice del Bando – rappresentano un sostegno importante e di qualità per lo sviluppo della digitalizzazione in ambito medico sia per le risorse messe a disposizione sia per l’attenzione nella selezione dei progetti basata su criteri ben precisi tra i quali l’innovatività e la solidità scientifica”.

Innovatività e solidità non mancano ad esempio ad uno dei progetti presentati oggi, martedì, alla Cerimonia, basato sull’intelligenza artificiale e vincitore del Bando nel 2017. “Abbiamo usato – dicono Carlo Tascini (Az. Ospedaliera Dei colli di Napoli e Andrea Pipoli (università, Pisa) – il machine learning, una forma di intelligenza artificiale che consente alle macchine di imparare, per creare un programma in grado di capire quali pazienti sono a maggior rischio di sviluppare un’infezione invasiva da Candida, una grave forma di infezione che può colpire l’organismo umano. Siamo riusciti a dimostrare che il programma è in grado di predire meglio della statistica classica i casi di pazienti a rischio. In futuro, dopo che sarà ulteriormente validato, potremo usarlo direttamente al letto del paziente per capire quale terapia farmacologica sia meglio intraprendere”.

“I risultati dei primi tre anni del Digital Program ci rendono orgogliosi di aver dato vita a questa iniziativa, profondamente coerente con quella che è la nostra vocazione all’innovazione – precisa Valentino Confalone, General Manager di Gilead Sciences Italia – In oltre 30 anni abbiamo reso disponibili terapie all’avanguardia che hanno cambiato il corso di patologie come l’HIV e l’HCV migliorando la qualità di vita dei pazienti. Il nostro obiettivo è però di promuovere l’innovazione anche “oltre il farmaco”che sia in grado di generare significativi benefici per il malato. A questo scopo abbiamo dato vita al Bando digital”.

I DATI DELL’INDAGINE EIKON-GILEAD

Una maggioranza schiacciante del campione – il 90% – ritiene che le tecnologie digitali abbiano migliorato la vita, percentuale che sale addirittura al 95% quando viene chiesto se le tecnologie continueranno a farlo anche in futuro. Il 9% di scettici, che crede che finora non ci siano stati miglioramenti, si riduce a un 4% quando si parla del futuro. Il 39% del campione intervistato ha indicato che gli piacerebbe vivere in un mondo in cui la maggior parte dei bisogni di salute è gestita dalle nuove tecnologie.

“Fiducia e ottimismo sono i sentimenti maggiormente rappresentati quando parliamo di innovazione e salute” – spiega Cristina Cenci di EIKON – “La tecnologia digitale è percepita come uno strumento potente per migliorare la sanità: dai servizi alle prestazioni, minimizzando i tempi e gli errori”. Lo dimostrano anche i dati: il 58% degli italiani ripone nelle nuove tecnologie la speranza di snellimento dei processi e miglioramento dell’accesso alle prestazioni sanitarie mentre per il 47% il digitale rappresenta la possibilità di poter ridurre l’errore umano. Le aspettative maggiori sull’utilità delle tecnologie digitali per la salute vengono riposte soprattutto nel monitoraggio della malattia (33%), mentre subito dopo vengono indicate la diagnosi delle malattie (25%) e la facilitazione nella vita quotidiana. Seguono poi altri ambiti: la prevenzione, il miglioramento delle cure, la scoperta di nuovi farmaci.

Al medico lo chiedo via WhatsApp

In fatto di utilizzo quotidiano di tecnologie digitali, gli italiani si confermano grandi amanti dello smartphone (89%). Segue l’utilizzo del computer (87%), mentre il tablet si distacca ampiamente da questi numeri (38%). Per comunicare con il medico si usano ancora canali tradizionali, come andare in ambulatorio o telefonare, ma sembra esserci apertura verso la possibilità di usarne altri: WhatsApp, per esempio, ha superato l’utilizzo dell’email nella comunicazione con il medico. Le tecnologie indossabili per monitorare la salute non rappresentano ancora numeri significativi: il 62% del campione ha indicato di non utilizzarle, il 21% le utilizza, mentre il 17% prevede di utilizzarle in futuro. Riguardo alle diagnosi a distanza, soltanto una minoranza (22%) ne ha ricevuta una, tuttavia l’80% crede che il poter riceverne sia o una cosa positiva o, comunque, un’altra potenziale modalità.

Il futuro è nell’Intelligenza Artificiale (IA)

Gli Italiani si definiscono informati sull’IA: la maggioranza del campione pensa di sapere cos’è e ne conosce un esempio come Deep Blue, il computer che sconfisse il maestro di scacchi Garry Kasparov nel 1996. Questa conoscenza sembra tuttavia non in linea con la complessità reale: quando viene chiesto di associare delle parole alla IA, sono utilizzati termini generici come “computer”, “robot”, “futuro”, o “tecnologia”. Termini come “algoritmo”, “cervello” o anche “efficienza”, strettamente collegati all’IA, sono molto meno presenti. Il termine “futuro” è uno dei più ricorrenti.

E il fatto che l’IA preveda la raccolta di una grande quantità di dati personali non preoccupa il 69% della popolazione: il 30% crede sia giusto raccogliere queste informazioni e per il 39% è importante sapere come vengono usate. Il 16% non si è ancora formato un’opinione in merito.

Le maggiori resistenze si concentrano nell’ambito delle relazioni: il 51% teme la perdita di contatto umano in generale mentre il 36% teme la mancanza dell’esperienza, dell’intuizione e dell’intelligenza del medico in carne ed ossa.

Anche quando si parla di medicina predittiva e IA gli italiani si dimostrano propensi e fiduciosi: per il 62% può offrire infatti possibilità molto importanti. E la raccolta di dati genetici sempre attraverso sistemi di IA viene indicata come una opportunità per quasi la metà del campione (48%).

L’ottimismo si conferma ancora quando una maggioranza del campione (77%) trova che sia molto o abbastanza vero che sia importante applicare maggiormente l’IA in ambito medico.

MEDICO E FUTURO

Nel futuro più o meno lontano o vicino, il settore medico sarà guidato da imprenditori e non da professionisti della medicina? E l’intelligenza artificiale sarà meglio di un medico? Il rapporto di Carl Benedikt Frey e Michael Osborne (Oxford University)  i referti medici vocali, le cartelle cliniche, le mansioni dei tecnici sanitari saranno i lavori più computerizzabili  ma la professionalità e l’opera insostituibile di medici e chirurghi potrà essere sostituita solo per appena lo 0,42%. Mai un robot od un algoritmo potranno indossare il camice del medico. Potranno scomparire, modificarsi alcuni compiti marginali ed esecutivi, altri saranno aggiunti, mai il prendersi cura con responsabilità di quel paziente, in quella condizione, in quel momento che mai sono sovrapponibili e cui mai la macchina potrà offrire personalizzazione .

L’uomo potrà valersi di una velocizzazione dei compiti, di tecniche più affidabili, meno costose, potrà sottrarsi a compiti ripetitivi e burocratici.

La cooperazione IA e uomo potenzierà ogni intervento e ridurrà l’errore (secondo ultima indagine, dell’85%).

IA: nuova frontiera della tecnologia digitale in grado di replicare se non addirittura migliorare prestazioni dell’intelligenza umana