Io sono Domenico Arcuri

(di Rossella Daverio) Il vecchio potere maschile piacione che ha rovinato l’Italia. E continua a farlo. Quello che qui si racconta è pura verità, ma sembra un film. E quindi come se fosse un film lo presentiamo: personaggi e interpreti, soggetto, dialoghi, conclusione (che non sarà necessariamente in modalità «Happy End»). I personaggi: Una donna giovane e un uomo di mezza età.

La donna, bruna, graziosa, determinata e sulla trentina, si chiama Giulia Presutti. Di mestiere fa la giornalista professionista. Dopo essersi diplomata presso la scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia, ha lavorato in Italia per la trasmissione Nemo di RAI 2, poi a Londra per la NBC News. Ha vinto il Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo con un’inchiesta sulle organizzazioni criminali che si occupano di trafficare esseri umani. Dal giugno 2018 è inviata della trasmissione di RAI 3 Report. Carte in regola, insomma.

L’uomo, brizzolato, tondo in viso, aria fintamente paciosa, voce gracchia e arrogante, ha 57 anni e si chiama Domenico Arcuri. Stipendi sempre alti, risultati sempre pochi, personalità sempre «adattabile», per citare ciò che di lui dice «L’Espresso». Oggi ha due impieghi paralleli: resta presidente di Invitalia (agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa) pur se è stato nominato commissario straordinario all’emergenza Covid-19. Come faccia ad assumere entrambe le responsabilità non si sa. Carte nascoste, insomma.

Il soggetto

Bologna, 17 marzo: è requisita dalle Dogane del capoluogo emiliano una vasta partita di dispositivi sanitari destinata al Sudafrica, che viene prontamente redistribuita agli ospedali della regione. È infatti un reato, in tempi di pandemia, esportare materiali per terapia intensiva di primaria necessità per i nosocomi italiani che ne sono privi. La Procura bolognese apre un’inchiesta.

Genova, 27 marzo: una spedizione verso l’estero di tubi endotracheali, parti fondamentali dei respiratori, è bloccata al porto di Prà, sempre dalle Dogane, e subito consegnata all’Ospedale San Martino. Tutti questi strumenti sono firmati Medtronic, multinazionale statunitense delle tecnologie medicali con molte sedi in Italia. Gli apparati respiratori vengono prodotti in quella di Mirandola (Modena).

Roma, 1° aprile: il commissario Domenico Arcuri reagisce ai succitati sequestri perpetrati da zelanti funzionari doganali (che non fanno altro che svolgere correttamente il loro lavoro, applicando la legge). Prima cerca di sbloccare di persona il materiale sequestrato a Genova. Ma è troppo tardi. Dal porto di Prà, i suddetti funzionari l’hanno inviato rapidissimamente al San Martino, sapendo che i medici del più grande ospedale ligure ne avevano bisogno come del pane. Spiazzato sui tempi, prende allora la penna e scrive a Marcello Minenna, direttore dell’Agenzia delle Dogane. Il testo è breve e così recita:

«Caro Marcello,

«Facendo seguito alle precedenti interlocuzioni (…) per indifferibili e superiori interessi nazionali, Ti prego di non procedere ad alcuna requisizione pro futuro di merce importata ed esportata in nome e per conto della società Medtronic Italia SpA (…), nonché di provvedere a sbloccare, al più presto, eventuali operazioni attualmente in corso e non ancora comunicatemi.

«Il commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 — Dott. Domenico Arcuri».

Per precauzione, il firmatario mette in copia della missiva, evidentemente strategica, anche il segretario generale della Presidenza del Consiglio e i capi di gabinetto dei ministri degli Affari Esteri e delle Infrastrutture e Trasporti. Hai visto mai che Minenna non sappia leggere o, peggio, continui a far di testa sua?

I dialoghi

Un mese circa dopo i fatti di cui sopra — cioè il 2 maggio verso mezzogiorno — la donna e l’uomo protagonisti della vicenda s’incontrano in occasione di una conferenza stampa.

Il loro dialogo — mandato in onda da Report il 3 maggio 2020 — merita di essere trascritto e letto da chi non lo abbia ascoltato o voglia averne memoria. Scripta manent. Lo merita perché è, per molti versi, così incredibile da diventare surreale.

  • Giulia Presutti: «Le Dogane italiane hanno effettuato diversi sequestri di materiale fondamentale per i nostri ospedali, per esempio i ricambi per i respiratori. E l’hanno fatto perché Medtronic voleva vendere questi pezzi di ricambio, preziosissimi, all’estero. Ora lei, come commissario straordinario per l’emergenza, ha inviato una lettera dicendo di non procedere ad alcuna requisizione pro futuro per indifferibili e superiori interessi nazionali. Ci spiega quali interessi sono superiori alla vita dei cittadini della nazione che in questo momento lei rappresenta?».
  • Domenico Arcuri (tono pazientemente didattico ma un po’ teso, come si rileva dalla consecutio temporum assai incerta): «I pezzi di ricambio dei ventilatori sono pezzi di assoluta rilevanza perché i ventilatori in Italia funzionino. E io ho il dovere di verificare che questi pezzi di ricambio sul nostro territorio esistano ed esistano in una quantità sufficiente per far funzionare i ventilatori. Vorrà dire che mi sarò sincerato che dal 1° aprile quelle quantità siano nelle disponibilità del territorio italiano sufficienti per garantire il funzionamento di questi importanti apparati».
  • GP: «Mi scusi, ma lei chiede di non sequestrare pro futuro…».
  • DA (tono nord-coreano alla Kim Jong-un): «Io intanto vorrei chiederle come fa lei ad avere una lettera che io ho scritto alle dogane che non è pubblica, a meno che io non pubblico delle cose…».
  • GP«Io sono giornalista, non rivelo la fonte e questa è una questione di estremo interesse pubblico. Quindi non penso che stiamo parlando di affari nostri. Lei chiedeva di non sequestrare pro futuro, come se lei sapesse già in quel momento che l’Italia non avrebbe mai avuto bisogno di questo materiale».
  • DA (tono imbarazzato e nervoso, condizionali assenti all’appello):«Se io mi dovessi accorgere che questo materiale è scarso domani, domani faccio un’ordinanza e sequestro di nuovo i beni. Evidentemente questo momento non è ancora accaduto perché questi pezzi di ricambio sono disponibili a sufficienza sul territorio nazionale».

  • GP«Lei questa lettera l’ha scritta alle dogane, ma ha messo in copia Palazzo Chigi e la Farnesina. Quindi io le chiedo: chi le ha chiesto di intervenire?».
  • DA (tono sempre più nord-coreano): «Io le ho già risposto. Mi pare basti».
  • GP: «Ci sono state pressioni da parte dell’ambasciata americana perché lei sbloccasse il materiale di Medtronic?».
  • DA (tono sarcastico da lesa maestà): «Io le ho già risposto. Mi pare che lei possa ritenersi soddisfatta. Altre domande?».

La scena si sposta dalla sala dove avviene la conferenza stampa ad altro luogo e il dialogo riprende in maniera più informale. È Arcuri ad avviarlo.

  • DA (tono piacione): «Di che parte d’Italia sei?».
  • GP«Di Roma».
  • DA (tono ammiccante): «Tifi per la Roma o per la Lazio?».
  • GP: «La domanda è: lei il 1° aprile pensava che noi avessimo così tanti…».
  • DA (tono simpaticone): «Pensi sia più forte Totti? Totti è più forte di Correa o Correa è più forte…».
  • GP«Lei il 1° aprile aveva già conoscenza che avevamo così tanti respiratori per la terapia intensiva che Medtronic non ce ne doveva fornire nessuno?».
  • DA (tono vago e annoiato): «Forse avevamo pezzi di ricambio sufficienti per non bloccare le produzioni verso l’estero».
  • GP«Però lei non mi può dire “forse”. Mi dica che avevamo “sicuramente” abbastanza respiratori e abbastanza pezzi di ricambio…».
  • DA (tono da caduto dalle nuvole): «Quando ho detto “forse”?».
  • GP«Adesso. Adesso ha detto “forse”».
  • DA (tono nervosamente amichevole): «È perché tu tifi per la Lazio e io per la Roma».
  • GP«No guardi, io tifo per la Roma».
  • DA (tono “finiamola qui che ne ho abbastanza”): «E io per la Lazio».
  • GP«Non andremo mai d’accordo».

The End

Che dire? Onore al merito della giornalista, che non flette e mantiene il punto nonostante il comportamento del suo interlocutore.

Quanto a quest’ultimo, prima di tutto o è incapace o mente. Lo smentisce in tempo reale, nella stessa trasmissione televisiva, con bell’accento ligure e bella faccia onesta, il signor Salvatore Giuffrida, addetto all’amministrazione dell’Ospedale San Martino di Genova, quando ricorda che i materiali di terapia intensiva erano stati ordinati e arrivavano con il contagocce. E non esita ad affermare che le sorti dell’ospedale e dei suoi pazienti sono state salvate dalle requisizioni operate dall’Agenzia delle Dogane.

Per passare alle risposte nord-coreane, Arcuri sembra dimenticare, semplicemente, che vive in democrazia ed è pagato per quel che fa (o non fa o fa male) dai cittadini italiani. E sembra pure non sapere che, in democrazia, i giornalisti bravi hanno fonti qualificate da cui ricevono documenti che hanno non solo il diritto, ma il dovere di diffondere se di pubblico interesse.

Gli suggeriamo di vedere il film All the President’s Men. Imparerà così che addirittura un presidente degli Stati Uniti ha dovuto dimettersi proprio e solo per via di due giornalisti molto bravi con ottime fonti. Si chiamavano Bob Woodward e Carl Bernstein, giusto per sua cultura generale. E perché vale sempre la pena di ricordare per nome chi fa bene il proprio mestiere.

Quanto al patetico tentativo di parlare di calcio per cercare di sviare l’attenzione della giornalista dal suo obiettivo, esso può qualificarsi solo come indecente. In questa fase della conversazione, Arcuri sottovaluta l’interlocutrice, forse perché donna, carina e giovane. La prende dall’alto, come se bastasse il suo tono suadente per evitare domande scomode. Impiega insomma quei mezzucci piacioni da vecchio potere maschile romano che hanno rovinato l’Italia. E continuano a farlo.

Infine il commissario straordinario è un gran maleducato. Vale la pena di ricordargli, en passant, un minimo di galateo che, visto il ruolo che ricopre, dovrebbe conoscere a menadito. Punto 1: non è mai un uomo a impiegare il tu con una donna per primo, soprattutto se quest’ultima continua, in maniera elegantemente imperterrita, a rispondergli con il lei. Punto 2: chi si firma autofregiandosi del proprio titolo accademico davanti al nome è un bifolco. Si ricordi, caro dottor Arcuri, che la buona educazione non è formalismo, ma rispetto.

L’unico Happy End possibile di questa vicenda sarebbe quindi il suo allontanamento dal ruolo che ricopre, accompagnato da una chiara spiegazione del presidente del Consiglio o del ministro degli Esteri ai cittadini italiani (e al Parlamento che li rappresenta) del perché i dispositivi sanitari della Medtronic non possono essere requisiti. Forse la sua casa madre e il Governo degli Stati Uniti, come la giornalista ha ipotizzato, sono più importanti e influenti della nostra salute?

Le ricordiamo infatti, nel caso l’avesse dimenticato preso com’è a discutere di Totti e Correa, che quasi 30 mila persone sono morte in Italia di coronavirus, spesso perché non le si è potute curare in assenza di respiratori e di posti in terapia intensiva.

 

https://www.facebook.com/ReportRai3/videos/234698117744818/UzpfSTEwMDAwMDQwNzcxMDQxOTozMjQ0MjczNDE1NTk2MjE3/

Io sono Domenico Arcuri