Mandato di cattura della Corte Penale Internazionale contro Putin e Maria Alekseyevna-Belova per crimini di guerra

(di Lorenzo Midili e Giuseppe Paccione) Sul piano giudiziario qualcosa si sta muovendo attorno alla figura di colui che da oltre un anno ha messo in moto la macchina bellica aggressiva contro un Paese sovrano e indipendente; si tratta del presidente russo Vladimir Putin, sul quale pende un mandato di cattura internazionale. Tale mandato è stato emesso anche al commissario per i diritti del fanciullo, Maria Alekseyevna Lvova-Belova. I mandati emessi dai giudici dell’organo giudiziario penale internazionale confermano le ragionevoli motivazioni per ritenere che i due individui citati siano considerati penalmente responsabili di aver commesso i crimini di guerra con la deportazione o il trasferimento o la detenzione illegale di bambini ucraini sul territorio ucraino occupato dalle truppe militari russe, ai sensi dello Statuto della Corte Penale Internazionale.

Potremmo sostenere che la Corte è stata in grado di colpire e perseguire in maniera diretta Putin accusandolo di crimini di guerra. È noto che Putin non possa essere perseguito dalle corti nazionali per la mera ragione che il diritto internazionale gli garantisce l’immunità in quanto capo di Stato. Tuttavia, va ricordato che il j’accuse dei giudici della Corte Penale Internazionale rientra nel suo mandato di considerare i maggiori responsabili di crimini internazionali dinanzi alla comunità internazionale.

Di certo, non possiamo aspettarci che Putin in un lasso di tempo breve possa essere tradotto verso il banco degli imputati. Tuttavia, va precisato che gli Stati, che hanno ratificato lo Statuto Penale Internazionale, de jure, sono obbligati ad arrestarlo qualora dovesse fare ingresso nei loro territori.

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L’aspetto per il momento non realizzabile ma simbolico di un mandato di cattura internazionale, emesso dai giudici membri della seconda Camera preliminare della Corte ha un senso profondo per il popolo ucraino sia per ottenere il pieno riconoscimento dei danni subiti dalla Russia, sia vedere delegittimata la leadership putiniana dinanzi alla società internazionale. L’accusa, inoltre, si estende al di là dell’Ucraina, cioè a dire ai diplomatici, ai dissidenti russi, ai militari e alle famiglie russe coinvolte nell’operazione di trasferimento di minori documentata pubblicamente.

Il mandato di arresto nei riguardi del capo del Cremlino muta anche il campo di gioco per tutti gli attori statali che sono impegnati nel trovare una soluzione politica per un cessate il fuoco tra i due contendenti. Di certo, non mancherà un’attenta discussione attorno alla questione se l’organo politico onusiano debba adoperare la propria autorità, nel rispetto del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite relativo all’azione rispetto alla minaccia alla pace, alla violazione della pace e agli atti di aggressione, per domandare ai membri della Corte penale internazionale di congelare le proprie indagini nei confronti di Putin al fine di tutelare l’equilibrio del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Lo Statuto di Roma consente al Consiglio di Sicurezza di sospendere qualsiasi azione penale per un periodo di dodici mesi; al termine. sempre l’organo politico onusiano può rinnovare la sospensione per un periodo di un anno, ma potrebbe continuare ad effettuare tale rinnovo sine die.

Ora, Mosca potrebbe per una plausibile ragione perseguire una simile soluzione; in cambio del supporto alla posizione delle autorità moscovite afferente alla sospensione, altri Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite potrebbero ottenere un effetto leva per spingere la Russia a ritirare le proprie truppe dal territorio ucraino o a ottenere per lo meno delle concessioni che, altrimenti, non sarebbero concretizzabili. Questo, tuttavia, potrebbe scontrarsi con l’opposizione sia ucraina che di organizzazioni non governative che lottano per difendere la sfera dei diritti umani che, di certo, manifesterebbero totale contrarietà a tale sforzo, in cui alcuni Stati potrebbero considerarlo uno impegno, sul piano morale, inaccettabile per barattare la giustizia con la pace. Apparirebbe possibile che il Cremlino, che non hai mai riconosciuto la Corte penale internazionale, acconsenta ad aprire le porte a tale soluzione, conferendo in tal modo all’organo penale giudiziario internazionale un indebito riconoscimento.

Pur avendo un tono minore, si ritiene fondamentale il fatto che il mandato d’arresto possa essere fatto arrivare all’interno dell’opinione pubblica russa, favorendo così l’opposizione del regime putiniano, tanto da rinvigorire quello che accadrà dopo l’eclissamento di Putin. Tale mandato – che fa riferimento al tema delle deportazioni, trasferimenti, detenzioni illegali dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia di bambini ucraini, ricordando che il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante di parti della sua popolazione civile viene considerato illecito – fornisce una narrazione agli sforzi dei due soggetti su cui pende tale mandato di presentare all’opinione pubblica russa il programma di trasferimento rientrante nell’operazione di carattere umanitario. Il presidente della Corte penale internazionale ha posto in chiaro che la consapevolezza pubblica dei mandati può contribuire alla prevenzione dell’ulteriore commissione dei crimini.

Il macigno di accuse per crimini di guerra contro Putin e Lvova-Belova potrebbe portare le famiglie russe, alle quali sono state affidate i bambini ucraini, a discostarsi dal seguire il programma pianificato del Cremlino relativo all’affidamento o adozione di minori deportati dall’Ucraina.

Mandato di cattura della Corte Penale Internazionale contro Putin e Maria Alekseyevna-Belova per crimini di guerra