Putin, l’Africa, e il Sudan. Il gioco geopolitico

(di Pasquale PREZIOSA) Lo scorso 12 ottobre gli stati Uniti hanno tolto le precedenti misure di embargo verso il Sudan.

Detto evento è stato celebrato con la visita del Vice Segretario di Stato americano a Khartoum, capitale del Sudan, John Sullivan. Nonostante la presenza di questi segnali di distensione tra i due paesi, il Sudan dà segni di fiducia non verso gli USA ma verso Putin.

I primi segnali di questa divergenza politica si sono presentati con il contrasto amministrativo con un noto studio legale basato a Washington dc (Arman Dabiri & Associates), tra la Agricultural Bank of Sudan, il ministro dell’agricoltura sudanese, e la banca centrale sudanese.

Ironia della sorte, lo studio legale è il medesimo che nel 2010 rappresentava la Libia di Muammar Gheddafi e, la disputa odierna, è simile a quella avuta con l’avvocato libico Anne Sefrioui.

Lo scorso Novembre, il presidente Sudanese, sul quale pende un mandato di cattura internazionale, Omar al Bashir,  ha incontrato a Sochi, il presidente Russo Putin al quale ha richiesto protezione. Il presidente sudanese era accompagnato da dignitari di livello quali: il ministro degli esteri Ibrahim Ghandour, quello della difesa, delle risorse naturali e dell’energia. Il presidente sudanese ritiene che gli USA vogliano spodestarlo quale presidente del Sudan, in quanto durante il colloquio con Sullivan, sembra sia emersa l’insistenza USA a evitare che Al Bashir si possa ripresentare alle prossime elezioni del 2020.

Dal 22 al 24 Novembre si sono tenuti i colloqui ufficiali per stabilire una cooperazione strategica tra i due paesi (Russia Sudan), durante i quali il presidente sudanese ha richiesto a Putin di essere presente nel paese con una base militare, la stessa richiesta era stata avanzata all’Egitto di El Sisi in tempi precedenti.

Il Sudan ritiene che gli USA vogliano interferire nel Sudan e aree adiacenti, Darfour e Sud Sudan. La richiesta di aiuto da parte del Sudan è stata supportata con atti concreti.

Il primo è stato un Memorandum of Understanding con ROSATOM per la costruzione di una centrale nucleare per la produzione di energia elettrica a Port Sudan e, secondo quanto riportato, il reattore dovrebbe essere istallato entro il 2019.

Il secondo è stato un accordo con il ministro della difesa russo, Sergey Shoygu, per l’acquisto di equipaggiamenti militari terrestri, aerei SU30 e SU35 e missili terra aria S300.

Il presidente sudanese ha incontrato anche Dimitry Medvedev col quale ha espresso gli stessi concetti di contrasto avuti con l’amministrazione americana e la sua preoccupazione che il suo paese possa essere destabilizzato.

Il presidente al Bashir ha preso il potere col grado di colonnello, con un colpo di stato nel lontano 1989. È stato sotto i riflettori internazionali per il genocidio del Darfour (200.000-400.000 morti) e l’autonomia negoziata col Sudan Meridionale. È il primo presidente di un paese verso il quale pende un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, da parte della Corte Penale Internazionale.

Durante il Summit dell’Unione Africana del 2015 in Sudafrica, al quale stava partecipando Al Bashir, è stato emesso, ma non eseguito, l’ordine di arresto del presidente sudanese da parte dell’Alta corte sudafricana, mettendo in crisi l’esecutività degli atti penali internazionali. Il presidente Al Bashir è stato rieletto più volte con maggioranze bulgare nel proprio paese e così si profila nel 2020.

Il problema del Sudan è lungi dall’essere risolto. Il paese è passato nell’orbita Russa, come tanti paesi dell’Africa e del Nord Africa sulla scia della politica di Putin in Oriente, in Medio Oriente, in Africa e in sud america col Venezuela.

La politica russa nel conflitto siriano e iraniano ha rappresentato la cartina di tornasole per lo schieramento geopolitico dei paesi.

La Siria ha subito un processo di destabilizzazione che è stato bloccato dall’intervento russo che ha imposto che il presidente Bashar al Assad rimanesse in carica, con presenza di basi russe nel paese.

Tutti i paesi che temono per la loro stabilità nell’area stanno seguendo l’esempio siriano. La geopolitica statunitense stenta ad affermare il suo network nell’area, con vantaggio ora russo.

Per l’Africa, qualora dovesse saldarsi l’interesse russo cinese, sarà difficile sviluppare piani di cooperazione strategica con l’occidente.

 

 

 

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