(di Francesco Matera) Ieri il differenziale tra titoli italiani e Bund tedesco è sceso per la prima volta da 2015 sotto quota 100. Un segnale importante che fa capire una sola cosa, questa volta la strada è quella giusta, affidarsi a Mario Draghi per la gestione dell’ingente somma di denaro messa a disposizione dai fondi del Recovery Fund è una garanzia non solo per gli italiani ma soprattutto per il investitori stranieri che potranno così continuare ad acquistare insieme alla Bce i nostri titoli di Stato. Sul versante politico si registrano flebili aperture dopo il terremoto causato da Matteo Renzi, l’unico vincitore indiscusso della partita, benché nessuno lo voglia ammettere apertamente. Il Pd, Iv e Forza Italia dicono sì a un esecutivo guidato dall’ex banchiere centrale. Apre il M5s e anche una parte della Lega vorrebbe appoggiarlo. Una spinta la da’ anche Giuseppe Conte, che non ci sta a essere considerato “un sabotatore” e tantomeno un “ostacolo” al nuovo esecutivo.

Questa volta il centrodestra non si presenterà unito alle consultazioni con Draghi. “Ognuno potrà dire la propria idea“, ha commentato Salvini ieri. L’occasione per Forza Italia è così importante e voluta che dalla Francia scenderà il numero uno, Silvio Berlusconi guiderà la delegazione dei forzisti. I 5s hanno il “dovere” di sedersi al tavolo, avverte Luigi Di Maio invitando le truppe a mostrare “maturita’”.

I 5S sembrano meno agguerriti, ma dettano alcune condizioni ineludibili: il nuovo esecutivo dovrà fare spazio alla politica. Il Pd invece non si stanca di ripetere di volere una “maggioranza larga e europeista“, che include certamente gli azzurri ma che farebbe più fatica a digerire la Lega. Draghi, al riguardo, nel suo discorso al Colle ha detto di guardare all’unita’ delle forze politiche e quindi anche al partito guidato da Salvini. Nella Lega però si registrano alcune micro fratture. Mentre Giorgetti definisce Draghi un “fuoriclasse che non puo’ stare in panchina” il leader Salvini continua a lanciare messaggi altalenanti tra aperture e chiusure, minacciando: o noi o i cinquestelle.

Ad uscire allo scoperto, nel vero senso della parola, fuori da Palazzo Chigi è stato Giuseppe Conte che con tanto di tavolino allestito per i media ha voluto chiarire di non lavorare per portare fuori rotta il governo Draghi e annuncia di non voler uscire dalla scena politica. Si rivolge direttamente al Movimento: “Io ci sono e ci saro'”, dice. E poi guarda al Pd e a LeU, invitandoli a non disperdere il patrimonio di un’alleanza “per lo sviluppo sostenibile. Un progetto forte e concreto”.

Draghi nel frattempo prende appunti in prima persona. La formula che probabilmente adotterà sarà il modello Ciampi, con pochi ministri ‘tecnici’ di alto profilo ad affiancare il premier sui dossier più delicati, come l’economia, la giustizia e forse anche la sanità, ma in Consiglio dei ministri i rappresentanti di tutti i partiti. E’ questa l’ipotesi che rimbalza nei rumors parlamentari, riportata dall’Ansa. Draghi mantiene un riserbo assoluto, nei colloqui con le delegazioni, sulla forma politica che intende dare al suo esecutivo. Solo al secondo giro di consultazioni potrebbe scoprire le sue carte. Tra i partiti, scrive sempre l’Ansa, si diffonde la convinzione che non sarà solo tecnico ma sarà anche politico. E non solo perche’ lo chiedono quasi tutti, a partire dai Cinque stelle. Ma anche perche’ portare in Cdm i rappresentanti dei partiti vorrebbe dire avere un piu’ saldo canale con il Parlamento. Certo, comporre tutti i desiderata non e’ facile. Il Pd vorrebbe una maggioranza Ursula, solo con gli europeisti, senza Lega e Fdi. La Lega auspica forte discontinuita’ con il Conte bis, il che vorrebbe dire fuori i ministri uscenti. Il M5s, che ha i numeri piu’ importanti in Parlamento, vuole garanzie sui suoi temi e i suoi ministri. Forza Italia chiede rassicurazioni sul futuro Guardasigilli.

Toto ministri

Per quanto riguarda il “dream team” dei ministri ci si chiede se Draghi farà la sua lista o chiederà ai gruppi di indicare i nomi. All’Economia, c’e’ chi accredita l’ipotesi che il premier tenga l’interim, ma viene considerato piu’ probabile che scelga un tecnico di sua fiducia come Daniele Franco o Luigi Federico Signorini (Bankitalia), Daniele Scannapieco (Bei).

Alla giustizia continua a farsi il nome di Marta Cartabia o Paola Severino. Un tecnico come Ilaria Capua potrebbe andare alla Sanita’, dove pero’ non e’ esclusa la conferma di Roberto Speranza o la promozione di Sileri. All’interno Luciana Lamorgese potrebbe restare, anche se la Lega se dovesse entrare nel governo potrebbe ambire a tale posizione. Carlo Cottarelli potrebbe entrare in squadra cosi’ come la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni. Potrebbe essere confermato per il M5s Luigi Di Maio e per il Pd Lorenzo Guerini, Dario Franceschini o Andrea Orlando. Matteo Renzi ai suoi esclude di essere interessato, potrebbe indicare Ettore Rosato o Maria Elena Boschi. Per Fi Antonio Tajani. Per la Lega, naturalmente, Giancarlo Giorgetti o un tecnico d’area.

Certo è che questa volta deciderà come è corretto che sia il Presidente del Consiglio incaricato, senza i ricatti dei partiti. I politici potrebbero quindi prendere posti di sottogoverno a favore di super tecnici a capo dei dicasteri.

Salvini: “O noi o i grillini”. Dopo il terremoto di Renzi, ancora qualche colpo di assestamento