Sorveglianza digitale: L’India utilizza aziende israeliane per “controlli di massa” sui suoi cittadini

(di Massimiliano D’Elia) La dimensione del mercato indiano delle telecomunicazioni è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni. L’indagine economica del Paese dello scorso anno ha rivelato che l’utilizzo di dati wireless è passato da una media di 1,24 GB al mese per persona nel 2018 a oltre 14 GB nel 2022.

Ogni giorno, una marea di dati personali passa attraverso le stazioni di approdo dei cavi sottomarini che proliferano intorno alla costa indiana, collegando le comunicazioni del Paese più popoloso del mondo al resto del globo. In ognuna di queste stazioni è installato un hardware apparentemente innocuo che cerca, copia e trasmette, su apposita richiesta, i dati alle agenzie di sicurezza indiane. Per rendere l’interfaccia “infallibile” è poi utilizzata l’intelligenza artificiale per l’analisi dei dati.

La sicurezza per il governo del Primo Ministro Narendra Modi è una priorità e pertanto spiare i suoi 1,4 miliardi di cittadini non è illegale perchè l’attività è gestita direttamente in prima persona dal ministro degli Interni, secondo una legge vigente considerata da molti attivisti non più attuale perchè si riferisce al Telegraph Act del 1885.

In India questo fiorente mercato consente ogni giorno a nuove start up di proporre alle istituzioni innovativi sistemi si sorveglianza digitale dei dati. Tra gli sviluppatori nazionali primeggia la Vehere, ma il governo si serve anche di più collaudati gruppi israeliani come Cognyte o Septier.

Proprio sulle aziende israeliane il Financial Times ha effettuato un’attenta analisi alla luce delle vicende internazionali che le hanno interessate.

Septier è nella lista nera del Consiglio Atlantico perchè la sua condotta è stata ritenuta nel 2021 “irresponsabile”: “un’azienda che per profitto è disposta ad accettare o ignorare il rischio che i suoi prodotti rafforzino le capacità di governi o clienti privati che potrebbero minacciare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e della NATO o danneggiare intere popolazioni”. Septier ha risposto alle accuse del Consiglio Atlantico etichettandole come “pura speculazione”. Septier al FT ha detto che “le vendite dell’azienda a entità straniere sono regolamentate dalle autorità israeliane e tutte le attività sono condotte nel pieno rispetto delle leggi vigenti”. Ha poi aggiunto che i dettagli sui suoi clienti e sui tipi di prodotti che fornisce sono riservati.

L’israeliana Cognyte, scorporata dal gruppo software Verint nel 2021 e quotata al Nasdaq è un altro fornitore leader di prodotti di sorveglianza in India. Nel 2021 Meta ha affermato che Cognyte era una delle numerose aziende i cui servizi venivano utilizzati per tracciare giornalisti e politici in diversi Paesi, senza tuttavia mai menzionare l’India.

L’India ha anche utilizzato il famigerato software di spionaggio israeliano Pegasus del gruppo NSO, che è balzato sulle prime pagine dei media a livello mondiale quando lo strumento di hacking (trojan) è stato poi scovato negli smartphone di giornalisti e attivisti nel 2019 e nel 2021.

Ad avvalorare l’attività di “monitoraggio” del governo indiano anche una recente legge sulla protezione dei dati personali che conferma alle autorità ampi poteri per aggirare le salvaguardie sulla privacy. Ma la storia dei controlli di massa da parte dei governi non sono una novità. Dieci anni fa le fughe di notizie di Edward Snowden hanno rivelato che le agenzie di intelligence statunitensi e britanniche erano impegnate in una sorveglianza di massa attraverso accordi con le società di telecomunicazioni, raccogliendo e ricercando con parole chiave una grande quantità di dati sulle comunicazioni civili, anziché concentrarsi solo su quelle dei sospettati.

Da allora, le società di telecomunicazioni occidentali hanno ampiamente resistito alle pressioni governative per l’installazione di architetture informatiche che fornissero un accesso illimitato ai dati dei clienti, chiedendo invece alle agenzie investigative di presentare un mandato del tribunale per poter effettuare solo intercettazioni mirate.

In India, invece, le agenzie di sicurezza e le forze dell’ordine devono solo richiedere l’autorizzazione, caso per caso, al ministro degli Interni per accedere ai dati attraverso le apparecchiature di monitoraggio, ma non devono rivolgersi ai tribunali. Gli attivisti per le libertà civili sostengono che questi regolamenti siano inadeguati e manchino di controllo giudiziario, dato che il quadro giuridico si basa in parte sul Telegraph Act del 1885, di epoca coloniale.

Nel 2022 il ministero degli interni indiano ha dichiarato che il governo centrale emetteva da 7.500 a 9.000 ordini al mese per le intercettazioni telefoniche. La notizia è stata molto criticata dalle varie associazioni per la tutela della privacy che hanno posto dubbi sulla reale attività di controllo del ministro degli interni, considerata la mole delle richieste, che lasciano pensare più ad un controllo di massa.

Subscribe to our newsletter!

Sorveglianza digitale: L’India utilizza aziende israeliane per “controlli di massa” sui suoi cittadini