Caos di fine anno per la prima manovra Meloni. Tra le misure taglio allo smart working

Una manovra di fine anno caotica, con il voto di fiducia alle Camere e i tecnici del Mef (il dicastero di Giorgetti) che non collaborano. Tra riallineamenti delle tebelle e ricerca delle coperture la prima del governo Meloni è da dimenticare al netto dei pochi provvedimenti realizzabili per via dell’assorbimento della maggiora parte delle risorse (21 miliardi di euro) dal caro energia e dall’inflazione.

Dopo il tour de force alla Camera il testo della manovra passerà al Senato per essere approvato entro il 29 dicembre e scongiurare, così, l’esercizio provvisorio.

Rimaste disattese le speranze su Opzione donna, condono dei reati tributari e Reddito di cittadinanza. A far salire la tensione ieri in Aula sono stati due nuovi emendamenti messi in votazione dal governo per riallineare le due sezioni della legge di Bilancio. A ballare erano anzitutto circa 165 milioni, legati in gran parte alle coperture dell’emendamento dell’esecutivo che alza le soglie di ricavi entro cui un’impresa è fiscalmente in contabilità semplificata.

Ma c’era anche la copertura di 400mila euro per la peste suina e il ripristino del fondo peri beni culturali di 20 milioni per l’acquisto di Villa Verdi. Tre correzioni che si sono aggiunte alle 44 proposte dalla Ragioneria di giovedì sera. E che hanno innescato una dura polemica da parte delle opposizioni, dalle quail è partita l’accusa alla maggioranza di ripescare fino all’ultimo emendamenti, ma anche da parte del presidente della commissione Cultura, Federico Mollicone (FdI) che in Tv ha accusato direttamente i funzionari del Mef e della Ragioneria di essere assenti durante la seconda notte di lavori in commissione.

Hanno lavorato tanto, sono tutti stanchi“, ha replicato in Transatlantico il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, difendendo i funzionari del Mef che, al di là delle presenze, sono sempre stati collegati fino all’ultimo voto in commissione.

Alla fine, comunque, i circa 600 correttivi approvati dalla commissione non hanno stravolto l’impianto della prima manovra del governo Meloni, che destina oltre l’85% delle risorse al sostegno delle famiglie e delle piccole imprese contro il caro energia e l’inflazione.

Sulle pensioni arriva Quota 103, mentre sul fisco la fanno da padrone sia le 12 sanatorie, che vanno da quella sugli avvisi bonari alle liti in Cassazione, e le due flat tax. C’è poi il taglio al cuneo che sale al 3% per i lavoratori con redditi fino a 25mila euro e la stretta sullo smart working.

Il Governo ha confermato il pagamento del bonus da 500 euro ai nati del 2004 che hanno compiuto 18 anni nel corso di quest’anno. C’è anche il reddito alimentare, una mini Sabatini per le imprese e il rifinanziamento del bonus per gli investimenti al Sud con oltre 1,5 miliardi pescati dai fondi di coesione.

Ma c’è anche la tanto contestata norma sulla caccia ai cinghiali nelle città, a partire dalle aree metropolitane. Sotto i riflettori rimangono però anche le cosiddette incompiute.

Secondo quanto scrive il Sole24Ore, su Opzione donna il governo, al momento, ha rinunciato alla proroga. La riscossione stralcio delle cartelle avverrà solo con l’ok dei Comuni. E’ stato rivisto il meccanismo della cancellazione delle mini-cartelle fino a mille euro affidate alla riscossione dal 2000 al 2015. I crediti di competenza degli enti locali e degli enti di previdenza privati saranno annullati solo se verrà adottata una delibera entro il 31 gennaio 2023. L’annullamento automatico sarà limitato alle somme dovute a titolo di interessi per ritardata iscrizione a ruolo, di sanzioni e di interessi di mora ma non scatterà per il capitale dovuto per l’importo maturato come rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento. Per le sanzioni amministrative, incluse quelle per le multe stradali, l’annullamento riguarderà solo gli interessi e non, invece, le sanzioni e il rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica, che dovranno comunque essere pagate dal debitore.

Smart working la comunicazione al ministero del Lavoro

Per i datori di lavoro privati, agenzie di somministrazione escluse, la comunicazione, al ministero del Lavoro, di inizio smart working deve essere effettuata entro i 5 giorni successivi dalla sua decorrenza. Lo conferma il ministero in una Faq pubblicata il 23 dicembre.

L’articolo 23 della legge 81/2017, nella versione rinnovata dal Dl 73/2022, dal 1° settembre 2022 non contiene alcun riferimento temporale per l’adempimento, ma il ministero, in un comunicato del 26 agosto 2022, aveva individuato la scadenza nei 5 giorni successivi all’inizio, assimilando la prestazione di lavoro agile a una variazione del rapporto di lavoro che, in quanto tale, deve essere comunicata entro 5 giorni dalla rispettiva decorrenza. Poiché la norma non è stata integrata e da settembre si sono succedute tre proroghe per effettuare questo adempimento, il ministero ha ribadito che il termine dei 5 giorni decorre dall’inizio della prestazione di lavoro agile o, in caso di proroga, dall’ultimo giorno del periodo precedentemente comunicato.

La conferma arriva a pochi giorni dal termine, fissato al 1° gennaio 2023, entro cui effettuare la comunicazione secondo le nuove modalità che sarebbero dovute andare a regime dal 1° settembre, ma che sono state ripetutamente prorogate.

Poiché nella Faq si fa riferimento solo a nuovi accordi o proroghe, il termine dei 5 giorni non dovrebbe applicarsi agli accordi individuali già stipulati e decorrenti dal 1° settembre scorso (o successivamente) che non sono stati ancora comunicati, in quanto hanno beneficiato delle slittamenti dell’obbligo di notifica. Per tali accordi la scadenza non dovrebbe slittare dal 1° al 6 gennaio.

Per i datori di lavoro pubblici e per le agenzie di somministrazione, invece, il termine di comunicazione è fissato al 20 del mese successivo a quello di inizio dello smart working, o in caso di proroga, della fine del periodo precedentemente comunicato.

Smart working solo per i fragili

La manovra di bilancio 2023 prevede la riduzione delle categorie che potranno lavorare in smart working.

Nell’emendamento si legge espressamente che potranno continuare a lavorare in smart working sia nel pubblico che nel privato, fino al 31 marzo, i lavoratori fragili che potranno esercitare anche un’altra mansione. L’emendamento alla manovra è stato approvato in commissione Bilancio della Camera e non si fa nessun riferimento ai genitori di figli under 14.

I lavoratori fragili sono coloro che risultano da certificazione medica, immunodepressi, pazienti oncologici, con terapie salvavita in corso, o disabili gravi. Riferimento decreto del Ministero della Salute del 4 febbraio 2022.

Per i lavoratori fragili quindi si continua ad applicare lo smart working agevolato, ossia senza obbligo di accordo individuale.

Modalità che, in vista della scadenza il prossimo 31 dicembre, non è stata rinnovata per i lavoratori con figli under 14. Questa categoria dal 1 gennaio 2023 rientrerà, dunque, nella normativa standard dello smart working che prevede l’obbligo di un accordo tra azienda e lavoratore o azienda e sindacati.

Caos di fine anno per la prima manovra Meloni. Tra le misure taglio allo smart working

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