Crisi, Renzi oggi verso l’affondo finale

(di Massimiliano D’Elia) I sondaggi commissionati dalla Presidenza del Consiglio vedono il premier Conte in vetta alla classifica, prima di Draghi, un modo propagandistico per disinnescare ogni riferimento all’ex governatore della Bce. Il sondaggio è stato pubblicato da Il Fatto Quotidiano sollevando non pochi dubbi sull’opportunità di utilizzare i fondi della Presidenza del Consiglio per tale scopo. Il Quirinale si è affrettato a smentire i contatti con l’ex numero uno della Bce scrivendo “da quando si è aperta la crisi di governo“. Un modo per dire, in questi giorni non lo abbiamo sentito e prima?

In difesa di Giuseppe Conte è sceso in campo Tabacci che vuole sterilizzare la strategia renziana del “prima i programmi e poi il nome”: “Il programma va definito con Conte quando verrà incaricato, non prima, non funziona così”.

Certo è che parlare di programmi diventa difficile perchè molte sono le frizioni tra M5S e Iv. Dal Mes al reddito di cittadinanza al job act, per non parlare della nuova squadra di ministri che farebbe fuori gran parte dei rappresentanti grillini.

Sulla giustizia poi non ne parliamo, molte sono le incognite insieme a quelle di carattere economico tipo il cashback e lo sblocco cantieri.

Capitolo a parte il Recovery Plan e la struttura di governance. Renzi chiede un programma scritto e dettagliato, lasciando Conte in “salamoia” ai margini della trattativa. Se proprio dovrà essere lui a guidare la nuova maggioranza questa volta deve subire il programma e non dettarlo come ha fatto in passato. Un Conte ter avrebbe anche due “mastini” a Palazzo Chigi come sottosegretari, per non parlare di un ridimensionamento radicale delle prerogative lasciate al super commissario Domenico Arcuri.

Conte, infatti, non si fida e fa bene perchè Renzi non avrebbe fatto tutto questo se non per toglierlo da Palazzo Chigi. Sullo sfondo si intravede com maggiore nitidezza un governo istituzionale, o del Presidente, con una maggioranza ampia grazie al supporto del centrodestra. Non importa perdere qualche senatore M5S per strada.

Nel Pd le diverse anime interne sono in fermento, probabilmente non sanno cosa fare, oppure lo sanno e benissimo lasciando fare alla loro testa d’ariete, Matteo Renzi.

Nel M5S il clima è ancora più teso, pensano solo ai posti che si perderebbero. Lo slogan mai con Renzi è stato ribadito per costringere il senatore di Rignano ad accettare il Conte ter, lasciandogli qualche ministero. Un modo per tirare a campare fino a marzo 2023, il termine naturale della legislatura.

Oggi entro questa sera tutti i nodi verranno sciolti, si capirà finalmente il punto di caduta della strategia renziana.

Crisi, Renzi oggi verso l’affondo finale

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