I timori della Lega un governo di unità nazionale, M5S, PD e parte di FI

(di Massimiliano D’Elia) “Che ci stanno a fare i Cinque stelle in un governo che farà la Tav?” Così ieri la Lega ha pungolato gli alleati di governo, in vista delle decisioni su Tav, decreto sicurezza bis e autonomie alle regioni. La risposta dei pentastellati non è tardata e ha definito   “bulli” gli alleati di governo.

L’uscita della Lega potrebbe essere letta  come una specie di avvertimento o di sfratto a carico dei pentastellati, poichè la finestra per andare alle elezioni non è ancora chiusa.

La mozione del movimento per impegnare il Parlamento a bloccare la Tav dovrebbe essere votata il 7 agosto, subito dopo il voto sul decreto sicurezza bis. I malumori pentastellati per il TAV potrebbero far nascere una fronda di una decina di senatori contrari al decreto di Salvini.  In soccorso della Lega, quindi, potrebbero convergere  Fdi e Fi, sancendo con i fatti una  nuova maggioranza in parlamento. 

Questione TAV

Il Pd avanzerà in Aula una propria mozione per il Si’, da opporre a quella M5s e proverà di calendarizzare ad agosto alla Camera la mozione di sfiducia a Salvini sul Russiagate. Al di là delle flebili strategie del partito di Zingaretti, Salvini sarebbe in fibrillazione sia perché incalzato dal suo numero due, Giancarlo Giorgetti sia perchè non avrebbe digerito le voci di un possibile governo di unità nazionale in caso di crisi, con i voti del Pd e parte di Fi. 

La Lega, allora, ha alzato le barricate e annunciato che la crisi ad agosto è ancora possibile, a settembre, invece, sarebbe più difficile per via del  drastico taglio dei parlamentari. Non sarebbe un bel segnale. 

Per le autonomie la partita è stata rinviata a dopo l’estate, con buona pace dei governatori del nord  che sono poco soddisfatti dell’inversione di marcia di Salvini. Martedì, scrive l’Ansa, potrebbe esserci a Palazzo Chigi un nuovo vertice, sul capitolo spinoso delle risorse finanziarie. Ma al momento non ci sarebbe intesa sulla proposta del ministero dell’Economia di affidare allo Stato la gestione dell’extra gettito. Nel frattempo Conte incontra anche le parti sociali per discutere di manovra finanziaria. 

Voto a febbraio

Giancarlo Giorgetti avrebbe suggerito a Matteo Salvini una strategia. La Lega potrebbe accettare una crisi “controllata” che metta in sicurezza la manovra finanziaria 2020. Manovra  portata avanti da un governo di minoranza, guidato magari dallo stesso Giuseppe Conte. Ma senza l’opposizione della Lega, che si limiterebbe a non votarla. Insomma, una sorta di non sfiducia in cambio della garanzia di un ritorno alle urne in tempi accelerati, non oltre febbraio.

Un voto in cui la Lega si presenterebbe da sola. Nessuna alleanza con Forza Italia e  Fratelli d’Italia. A meno che questi ultimi, spiega un leghista, non accettino di confluire in un nostro listone unico». 

 

I timori della Lega un governo di unità nazionale, M5S, PD e parte di FI