Il califfato gioca nel dark web nell’era del cyber-terrorismo

(di Giovanni Ramunno) Il terrorismo ha un rapporto simbiotico con la comunicazione; la manipolazione e lo sfruttamento dei media da parte dei terroristi ha un ruolo cruciale nella loro guerra di propaganda.

La transnazionalità e la diffusione di tecnologie a complessità crescente continuano a fornire sempre nuovi spazi di manovra alle organizzazioni criminali e terroristiche per la conduzione di attività illecite.

Se consideriamo anche che il cyberspazio si sta espandendo con modalità sempre più coinvolgenti e su una scala che non ha precedenti, le potenziali minacce da esso poste in essere richiedono l’immediata attenzione di una gamma diversificata di persone e organizzazioni a livello internazionale.

Persiste, inoltre, la necessità di predisporre un sistema di previsione, prevenzione, controllo e contrasto dei crimini e a instaurare un framework normativo e di sicurezza condiviso, utile ad arginare il rischio di comportamenti malevoli e, nella fattispecie, di attività terroristiche.

I MEDIA TRADIZIONALI

L’agenda setting e il framing dei media è nella realtà più importante dello stesso atto terroristico, come affermato dalla Norris, e le nuove tecnologie hanno ulteriormente modificato dinamiche e comportamenti. Susan Sivek, in particolare, evidenziava che Al Qaeda, essendo un’organizzazione frammentata, concentrava i suoi sforzi di comunicazione strategica principalmente sul reclutamento di individui in Occidente per portare avanti la “jihad individuale” nei loro paesi d’origine. Ancora, Annemarie van de Weert osservava come le persone fossero radicalizzate esclusivamente attraverso i social media.

I gruppi terroristici più visibili, e quindi di maggior successo, sono quelli che operano con un modello di comunicazione che ha superato la semplice consegna di un messaggio a un pubblico passivo, da condizionare. Piuttosto, il moderno modello di comunicazione utilizzato dalle organizzazioni terroristiche ha superato l’approccio comportamentista approdando ad un cognitivismo raffinato; lo stesso si basa sull’audience, centrato sul significato, dipendente dalla cultura e sempre legato a un flusso narrativo continuo che fa parte del contesto socio-politico in cui queste organizzazioni operano. I pubblici vengono coinvolti nella comunicazione diventando a loro volta agenti e promotori del messaggio e consentendo ai terroristi l’attuazione di una vera e propria guerra cognitiva.

Con la caduta del califfato, gran parte delle attività jihadiste dell’ISIS si sono spostate in rete al punto che si parla di una Jihad 3.0. Lo stesso progetto del califfato si sta lentamente allontanando dalla realtà di uno “stato” e sta assumendo il carattere di un’utopia. Il pubblico islamico gradualmente si sposta in un mondo virtuale dove è più facile dematerializzare la territorialità A questo si aggiunga che le attività dei simpatizzanti in Europa hanno un peso maggiore nel contesto dell’intera propaganda dell’ISIS.

Basato sulle nozioni di metafora e frame del linguista cognitivo George Lakoff e sulla constatazione che questi concetti siano i principali organizzatori del discorso politico, Ian Bogost offre un approccio all’analisi della retorica politica nei videogiochi intesa a portare pregiudizi ideologici.

LA NUOVA FRONTIERA DI INTERNET

Più recentemente, simile alle forme più convenzionali della sua propaganda online, lo sfruttamento del software di intrattenimento elettronico da parte del “Califfato” è un precursore del crescente interesse di altre organizzazioni estremiste violente per questo mezzo. I videogiochi sono, così, diventati un mezzo valido e sempre più significativo di propaganda digitale jihadista.

Parallelamente, un gruppo di sicurezza informatica sostenitore dell’ISIS ha lanciato le proprie piattaforme cloud e chat che, nelle loro intenzioni, avrebbero aiutato a produrre nuova propaganda e consentito ai seguaci del gruppo terroristico di “serrare meglio i ranghi” in rete. A questo si associa l’uso di criptovalute per finanziare le proprie attività in modi ritenuti meno individuabili dalle autorità.

La Commissione europea sensibilizzava il pubblico sulle Strategie e Narrative degli estremisti che utilizzavano le piattaforme di Video Gaming,  nel 2020 cui seguiva l’anno successivo un intervento del coordinatore antiterrorismo dell’UE ha recentemente messo in guardia contro i “potenziali ambienti di gioco digitale che possono sostenere varie attività terroristiche ed estremiste, inclusa la radicalizzazione dei giovani.” Nel suo rapporto in particolare si evidenziano l’uso strategico e organico delle piattaforme fra le quali Discord, Steam, Twitch e DLive.

L’Ufficio delle Nazioni Unite per l’antiterrorismo ha organizzato una tavola rotonda di esperti sui videogiochi e l’estremismo violento il 6 dicembre 2021.

Il gaming è un ambito in grande espansione e, a parte i giochi attribuibili direttamente a organizzazioni paramilitari, costituisce un ampio bacino di indottrinamento e di reclutamento per le organizzazioni estremiste e terroristiche.

Agenzie di intelligence americane e britanniche ricercavano già dal 2008 indizi sulla presenza di attività in tal senso.

In una presentazione alla fine della scorsa settimana alla Direzione dell’Intelligence Nazionale statunitense, alla conferenza Open Source Conference a Washington, il dottor Dwight Toavs, un professore alla National Defense University finanziata dal Pentagono, ha fornito una introduzione sui mondi virtuali e ha fornito uno scenario, per dimostrare come una trama dello spazio operativo di un ipotetico attentato potrebbe essere nascosta dalle chat di un gioco.

Un sistema non sofisticato e molto simile alla vicenda della sassofonista Merryl Goldberg che, in guerra fredda, trasponendo le note in lettere, riusciva a tradurre un testo destinato alla dissidenza sovietica ingannando, anche solo temporaneamente, il KGB.

Nel 2020, il coordinatore europeo per l’antiterrorismo, Gilles de Kerchove, ha sostenuto la discussione di una proposta di legge sui servizi digitali che mirava a frenare gli eccessi della Big Tech e l’incitamento all’odio su Internet. In tale occasione il funzionario europeo sui giochi in rete affermava “Questo può essere un modo alternativo per diffondere l’ideologia, in particolare dell’estrema destra ma non solo, un modo per riciclare denaro… ci sono valute create nei giochi che possono essere scambiate con quello in corso legale” e aggiungeva che “Può essere una forma di comunicazione. È crittografato. Può anche essere un modo per testare scenari di attacco”.

Emblematico l’attentato a Oslo che ha causato la morte di 77 persone e ferite 242, l’attentatore, Anders Breivik, si addestrava giocando a Call of Duty.

Un altro caso è quello di David Sonboly, che frequentava la piattaforma di Steam e si relazionava con gli utenti dei forum razzisti permanendo circa 4.000 ore sulla piattaforma Counter Strike.

Soboly è stato verosimilmente ispirato dal killer norvegese Anders Breivik e probabilmente ha organizzato la sparatoria nel quinto anniversario del massacro di 77 persone da parte di Breivik.

I giochi quali Fortnite e Roblox offrono chat rooms per agevolare l’interazione degli utenti e i gruppi estremisti le frequentano volentieri in cerca di nuovi adepti.

Anche le playstation in passato sono state utilizzate per comunicazioni illegali, ne è prova il caso dell’FBI di New York che rilevava che i membri della banda di Bloods nel Bronx, utilizzava la rete PlayStation Network (PSN) per comunicare tra loro durante gli arresti domiciliari.

LA NUOVA SFIDA DELL’ANONIMATO

Gli sforzi degli attori malevoli di dissimulare le proprie intenzioni si sono rivelati relativamente semplici da scoprire ed è per questo che le multinazionali del crimine e terroristiche abbiano tutte intrapreso la strada del darkweb e dell’impiego di trasferimento delle risorse finanziarie attraverso criptovalute.

Sintomatico quanto affermato da Hunter nel suo studio: “Considerando la nostra ricerca sulla creatività e l’innovazione malevole, c’è il potenziale per il metaverso di diventare un nuovo dominio per l’attività terroristica.”

Una delle vulnerabilità, nel settore del gaming, di cui le organizzazioni terroristiche potrebbero avvalersi per gestire, coordinare le loro reti internazionali, nonché addestrare gli individui radicalizzati è il Metaverso. Lo stesso infatti è in continua evoluzione e fornisce già una natura immersiva avanzata dei nuovi spazi consentendo un efficace strumento per potenziare le tecniche addestrative con una simulazione delle minacce asimmetriche con un elevato realismo.

Le tecnologie AR/VR hanno la capacità di replicare le complessità degli ambienti dinamici e scenari difficili, che possono offrire l’opportunità di ridurre i costi della formazione. Alcuni degli usi attuali e potenziali di queste tecnologie includono migliorare il processo decisionale critico per scenari sfidanti, sviluppare abilità cognitive, affrontare situazioni di emergenza, valutazione di scenari di attacchi terroristici contro obiettivi vulnerabili e infrastrutture critiche.

Nello specifico, le tecnologie di realtà aumentata (AR) e realtà virtuale (VR) hanno il potenziale per diventare strumenti efficaci di addestramento, in quanto possono integrare scenari di formazione reali (es. AR) o creare nuovi ambienti separati dal mondo fisico reale (es. VR) per abilitare un ambiente di apprendimento altamente efficace in un mondo virtuale.

Si sta delineando, in sostanza, un secondo universo, socialmente ed economicamente connesso al mondo fisico, ma giuridicamente indipendente da esso, in cui al momento non ci sono identità, confini, regole, né apparati di controllo e le cui dinamiche sociali ed economiche risultano essere inarrestabili.

In merito all’aspetto sociologico, secondo Valorio “il metaverso è suscettibile di portare profondi cambiamenti nella sostituzione del lavoro e nelle strutture sociali. L’esperienza altamente immersiva del metaverso potrebbe anche riverberarsi negativamente sullo sviluppo delle giovani generazioni allorquando usata per creare “droghe digitali” creando dipendenza, soprattutto a fini di marketing. Inoltre, a causa delle immersioni in realtà virtuali per lunghi periodi di tempo, le percezioni e i comportamenti di molti utenti potrebbero “scollegarsi” dalle dinamiche del mondo reale, creando “anomalie comportamentali di ritorno” nella vita reale.”

Cole, utilizzando un avatar immaginario come punto focale per un viaggio attraverso varie destinazioni in Second Life, esamina i contenuti secondo un punto di vista degli estremisti e valutandone il potenziale di radicalizzazione. Durante la ricerca, Cole ha constatato l’esistenza di luoghi in cui venivano promosse liberamente visioni radicali e contrarie ai diritti umani oltre che visioni estremiste riconducibili alla cultura islamica.

Questo viaggio, e la successiva analisi, dimostrano l’enorme potere insito in questi siti grafici tridimensionali di influenzare il modo di pensare degli individui oltre che sottolineare l’urgente necessità di strategie di contrasto alla radicalizzazione multidisciplinari e multinazionali che rispondano alle specifiche sfide presentate dai mondi virtuali.

In tale quadro, i soggetti più vulnerabili sentendosi più facilmente parte di una comunità più grande ma senza gli oneri derivanti dalle norme etiche, culturali o sociali, possono essere vittime della radicalizzazione. L’anonimato e la possibilità di scambiare criptovalute, facilmente convertibili in valuta reale, rendono concreto, oltre ai rischi di supporto morale e di assistenza tecnica, il pericolo di finanziamento al terrorismo.

Riconducendoci direttamente al piano economico dove osserviamo che malgrado tendenzialmente, anche se non sempre, ci sia un aspetto ludico per cui si partecipa ai metaverso perché ci si diverte, perché si possono costruire rapporti e strutture digitali e perché, in alcuni casi, al gioco possiamo abbinare anche la possibilità di guadagnare, secondo il classico paradigma del play to earn e, anche, play to build, una industria con un indotto stimato di 300 miliardi di dollari.

Lo sviluppo del concetto di Metaverso sta evidenziando nuove vulnerabilità e altrettante opportunità che possono essere sfruttate anche nel settore finanziario in un contesto particolarmente permissivo, se consideriamo che secondo la Financial Action Task Force (FATF) circa due terzi degli Stati non hanno la capacità effettiva di indagare e condannare i terroristi autori di crimini finanziari.”

Notoriamente, le attività criminali hanno da molto tempo cercato metodi ricollocare i proventi delle attività illecite nell’economia. Famoso l’acquisto di lavanderie di Al Capone come anche il riciclaggio attraverso le scommesse o i casino per approdare più recentemente alle scommesse online.

Con specifico riferimento alle operazioni di contrasto al terrorismo, i giochi si collocherebbero nella terza fase del processo di riciclaggio (repatriation, integration).

Il caso giudiziario della Wirecard, che ancora turba il mondo della finanza, è un esempio classico della pervasività e pericolosità di queste pratiche.

Le valute virtuali, in particolare, possono essere utilizzate per partecipare al gioco o per acquistare oggetti costituenti parte del gioco (quali terreni, vite, mappe, munizioni, ecc.) che non sono scambiabili con altre valute. Nel merito, gli acquisti di terreni crittografici spesso hanno prezzi che superano il milione della specifica valuta di gioco. Se ci concentriamo solo su personaggi e oggetti di gioco, un famoso gioco NFT, CryptoKitties, ha fatto notizia per aver venduto un gattino viola pallido di nome Dragon, per ben 600 ETH che al cambio attuale corrisponderebbe a circa 2,3 milioni di dollari, all’epoca era ancora un impressionante prezzo di 1,3 milioni.

Alcuni dei giochi play-to-earn di maggior successo, come Axie Infinity, consentono ai giocatori di acquistare, combattere e allevare personaggi virtuali coniati sulla blockchain di Ethereum e poi venderli su mercati di terze parti.

Nel Metaverso si stanno formando nuove comunità digitali in cui le proprietà virtuali stanno diventando una classe indipendente di beni, permettendo all’economia reale di passare a uno stadio di sviluppo superiore e interdipendente con l’economia digitale.

Sebbene sia innegabile che un’attività economica con un volume di affari di miliardi di dollari rappresenti un bacino pressoché infinito di opportunità, è indispensabile anche ricordare che quelle stesse qualità possono renderla pericolosa.

Si è data dimostrazione che nel mondo digitale già esistono minacce di tipo cognitivo che possono avere ripercussioni concrete importanti sia dal punto di vista sociale che economico e, in seconda battuta, anche politico e militare. Tra queste, quella terroristica rappresenta solamente una tra le opzioni.

Il fatto che la maggior parte delle economie di gioco non operi all’interno di un quadro normativo distinguibile genera vulnerabilità sistemiche che sollevano la necessità di accompagnare l’espansione del Metaverso con un framework normativo e un sistema di controllo che, data la natura transnazionale del settore, devono essere internazionalmente condivisi.

A rendere maggiormente critica la situazione contribuisce il fatto che non esiste ad oggi un organo internazionale avente una qualche autorità dal punto di vista giuridico riconosciuta univocamente da tutti i Paesi. Esistono infatti forti differenze normative tra gli Stati, e ciò costituisce un ostacolo a un controllo congiunto di tutte quelle attività sospette che si strutturano su reti di dimensioni internazionali.

I legislatori mondiali hanno iniziato a costruire un quadro giuridico strutturato e a prevenire comportamenti opportunistici o criminali.

Sebbene non ci siano molte normative per prevenire il riciclaggio di denaro nell’industria dei videogiochi online, il GAFi (Gruppo di Azione Finanziaria) ha aggiunto una nota alla 15a raccomandazione sul riciclaggio di denaro nel 2019. Secondo questa nota, le prospettive per la regolamentazione e la supervisione dei fornitori di servizi di asset virtuali (VASP) è stato introdotto e in particolare la vigilanza o il monitoraggio dei VASP per finalità AML/CFT; il regime di licenza o registrazione; le misure preventive quali (tra le altre cose) l’adeguata verifica del cliente, gli obblighi di conservazione e la segnalazione in materia di operazioni sospette e la cooperazione internazionale.

L’Unione europea, consapevole della seria minaccia che le valute virtuali rappresentano, ha adottato la sua quinta direttiva antiriciclaggio; la direttiva (UE) 2018/843 intende mitigare questi rischi introducendo una definizione di valute virtuali nel diritto dell’Unione.

Se, poi, è noto che a livello internazionale il fenomeno del terrorismo è sottovalutato,[57] servirebbe più cooperazione tra gli stati.

Il califfato gioca nel dark web nell’era del cyber-terrorismo