Il Qatar, le Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno finalmente raggiunto un accordo per la fornitura di gas da Israele alla centrale elettrica di Gaza. Come logica ed auspicata conseguenza la capacita’ di produzione di energia elettrica nella Striscia aumenterà in maniera progressiva facendo così diminuire i costi. Lo ha reso noto l’emissario del Qatar per le questioni israelo-palestinesi Mohammed al-Amadi. Il progetto prevede la vendita di gas all’Autorita’ nazionale palestinese da parte della compagnia Chevron-Delek e la costruzione di una pipeline fra Israele e Gaza, che iniziera’ in tempi brevi e sara’ completata entro due anni. L’Unione Europea investirà cinque milioni di dollari. Al-Amadi ha anche detto che il suo Paese e’ disposto a continuare a sostenere l’economia di Gaza semprechè nella zona permanga la calma e cessino le ostilità. Anche il ministro israeliano per l’Energia Yuval Steinitz ha confermato l’interesse alla realizzazione dell’accordo.
Israele controlla l’importazione del carburante diesel necessario per far funzionare l’unica centrale elettrica della Striscia, costruita nel 2002. Nel 2000 era stato scoperto un deposito di gas naturale al largo della costa di Gaza, ma l’embargo imposto da Israele ha impedito di utilizzarlo, cosa che ha reso necessario l’acquisto di carburante solo da Israele, che vende anche l’energia elettrica ai palestinesi, tramite l’Israel Electric Corp.
Nel 2006, Israele ha bombardato per la prima volta la centrale elettrica, che ha dovuto chiudere. A quel punto, il governo egiziano – pagato dall’Autorità Palestinese – ha deciso di dare una mano, fornendo l’elettricità ai residenti nell’area di Rafah. La centrale è tornata in funzione nel dicembre del 2007, ma da quel momento è iniziato un ciclo di aperture e chiusure a causa dei regolari bombardamenti, della mancanza di pezzi di ricambio e delle interruzioni nella fornitura di carburante da parte di Israele.
Nel 2009 l’Unione Europea ha smesso di finanziare l’acquisto del diesel per la centrale elettrica. Fino ad allora, i fondi europei arrivavano all’Autorità Palestinese, la quale li utilizzava per pagare il carburante importato a Gaza. A quel punto è iniziata una disputa fra Hamas, che governa Gaza, e Fatah, che governa l’AP nella West Bank. Chi doveva pagare il carburante? Hamas – accusa l’Autorità Palestinese – si è rifiutata di fare la sua parte per contribuire ai fondi europei persi. Questa mancanza di collaborazione è in parte dovuta all’opposizione alle tasse imposte dall’AP sugli acquisti di carburante – tasse che l’AP difende, visto che, dice, spende altre risorse per lo sviluppo e il sostegno a Gaza. Inoltre, la centrale elettrica è gestita da un’azienda privata – eredità di Yasser Arafat – e il contratto che ha con l’Autorità Palestinese prevede che quest’ultima paghi 2,5 milioni di dollari al mese a prescindere da quanta elettricità viene prodotta.
Nel corso degli anni, gli scontri fra Hamas e Fatah sono stati centrali nella crisi energetica. Nel giugno 2017, il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, e Hussein al-Sheikh, membro del comitato centrale di Fatah e ministro per gli Affari civili, provarono – tramite una forma di punizione collettiva – a fare pressione su Hamas affinché cedesse il controllo della Striscia. Chiesero quindi al governo israeliano di ridurre del 30% l’elettricità fornita a Gaza (la misura è stata poi abbandonata nel gennaio 2018).
Nel novembre 2018, il governo del Qatar ha annunciato una donazione di 60 milioni di dollari per l’acquisto di carburante, che le Nazioni Unite comprano da Israele e poi importano a Gaza, così da far funzionare ulteriori turbine nella centrale elettrica.
Ieri la notizia del nuovo accordo riporta la speranza in territori dove sempre più spesso si utilizza il fuoco per riscaldarsi e le candele a cera per illuminare le abitazioni.