Conte è rimasto con il cerino in mano

(di Francesco Matera) Il cerino è nelle mani del premier Giuseppe Conte, i partiti di maggioranza gli hanno fatto intendere che deve dimettersi per avere poi dal Presidente Mattarella l’incarico per un Conte ter. Dovrà però salire al Colle con la lista dei nuovi ministri già in tasca. Una squadra forte di una maggioranza più ampia che comprenderebbe pezzi dell’area moderata del centrodestra e naturalmente Italia Viva di Renzi.

Conte però temporeggia, non si fida. Non ha avuto alcuna assicurazione di ricevere l’investitura del Capo dello Stato per un nuovo incarico. Mattarella, con la Costituzione alla mano, chiederà l’evidenza della sussistenza di una maggioranza solida nelle due Aule del Parlamento. Dovrà pertanto avviare le consultazioni che comprendono anche il confronto con le opposizioni. Un percorso troppo insidioso e pieno di sorprese che ora sono ben nascoste dietro il colonnato indaco del Quirinale. Conte teme le dimissioni, troppe le incognite e troppi i rancori che si registrano nelle stesse file dei due maggiori partiti di maggioranza, Pd e M5S. L’alternativa sarebbe quella di misurarsi in Aula nella votazione sulla relazione del guardasigilli, ma al Senato i numeri a favore di Bonafede sono troppo altalenanti. Cosa fare allora? Andare in Aula e rischiare piuttosto che ammettere la sconfitta di sua sponte? Spingere per andare alle elezioni forte dei sondaggi che danno una lista Conte a ben oltre il 13 per cento dei consensi? In effetti gli addetti ai lavori starebbero già pensando ad una data, l’11 aprile prossimo. Conte potrebbe così approfittare della forza di Palazzo Chigi per amplificare la sua personale campagna elettorale. Una soluzione che getterebbe nel panico tutti coloro che con elezioni vedrebbero terminare inesorabilmente la loro prima esperienza parlamentare. Lo spauracchio delle elezioni anticipate potrebbe anche essere una leva vincente per convincere un pò tutti a più miti atteggiamenti con azioni concrete di responsabilità, messaggio per Italia Viva, responsabile della crisi.

Conte però potrebbe dimettersi aprendo la strada ad un’altra operazione: Rivolgere un appello a tutte le forze politiche affinché collaborino a un governo di salvezza nazionale.

L’obiettivo, in questo caso, sarebbe quello di sfaldare la debole colla che mantiene unita la coalizione di centrodestra. Conte spera così nell’appoggio al progetto dei centristi, tra i quali numeri importanti di parlamentari di Forza Italia. A riprova della probabile strategia contiana le parole del Cavaliere che ha proposto, in solitario, un governo di unità nazionale, ma al contempo anche le elezioni anticipate. Un’ambiguità unica, come per dire sto con Conte ma anche con Salvini e la Meloni.

Ieri sera poi Matteo Salvini, in collegamento su La7 nella trasmissione condotta da Massimo Giletti ha detto che sarebbe favorevole ad appoggiare Silvio Berlusconi alle prossime elezioni del Presidente della Repubblica. Salvini avrebbe così lusingato Silvio per farlo demordere dalla scellerata scelta di aderire ad un governo con tutti dentro.

Dalle premesse è evidente che Conte alla fine riuscirà ad uscire dall’impasse con il beneplacito di Mattarella, per un Conte ter, ovvero per un governo di unità nazionale. Il centrodestra deve farsene una ragione ed aspettare marzo 2023, la data in cui questi tre governi Conte finalmente termineranno la loro carica naturale.

Conte è rimasto con il cerino in mano