Italia e Francia più vicine per Libia e Migranti, mentre si contendono i giacimenti di petrolio

Ieri sera a Palazzo Chigi nell’appartamento del presidente del Consiglio Giuseppe Conte la cena con Emmanuel Macron. I due paesi, dopo i mesi turbolenti del governo giallo-verde, si avvicinano nuovamente per cercare di risolvere problemi comuni. Almeno questa è l’intenzione del governo guidato da Giuseppe Conte, cercare di affrontare in maniera strutturale il dossier Libia e l’emergenza dei migranti. 

Libia

Per la Libia la via d’uscita potrebbe essere una ministeriale all’Onu sostenuta dai due Paesi con una Conferenza a Berlino in autunno.

Giuseppe Conte ha incontrato anche l’unico presidente riconosciuto della Libia, Fayez al Serraj con cui ha ribadito il sostegno italiano al governo di Accordo nazionale e nel contempo l’invito a continuare a farsi parte attiva per un ritorno a un processo virtuoso e pacifico. 

Tra le maggiori preoccupazioni evidenziate a al Serraj vi è la questione delle frange terroristiche che si nascondono tra le numerose milizie. Da lì occorre partire per favorire un processo di pace realistico.  Serraj ha rappresentato, invece, che il generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale, “non potrà più essere un partner affidabile nella soluzione politica della crisi in Libia”. Conte su Haftar non è stato lapidario: “ l‘Italia sostiene con coerenza il governo di Accordo nazionale quale governo legittimo e intemazionalmente riconosciuto; nel contempo non possiamo non considerare la Cirenaica e le altre rappresentanze libiche come interlocutori nella ricerca di una soluzione politica”. 

Migranti

Per la redistribuzione dei migranti Macron ha insistito nel non dover considerare i migranti economici. L’altra sera sul programma di Martedì su La7, un reportage ha mostrato che sul confine a Ventimiglia la polizia francese respinge sistematicamente non solo i migranti economici ma anche i minori.

La distonia riscontrata potrebbe essere trattata nel  prossimo vertice sui migranti a Malta, dove si potrebbero fare passi in avanti nei meccanismi di distribuzione di profughi e richiedenti asilo. Una delle misure  che verranno proposte dall’Italia è quella di penalizzare finanziariamente i Paesi che non accolgono i migranti. Nel corso della conferenza stampa Conte ha rimarcato l’accento sull’esigenza di favorire un piano strutturale, su cui Macron è d’accordo, per la distribuzione automatica dei migranti e ha aggiunto che con Macron lavorerà per migliorare il patto di Stabilità e di Crescita, a favore degli  investimenti. Sulla Libia lavoreremo insieme in modo costruttivo, già a partire dall’Assemblea dell’Onu”. Macron invece ha detto: “Se sono qui oggi è per indicare insieme la necessità di lavorare in modo congiunto per il progetto europeo, l’amicizia fra la Francia e l’Italia è indistruttibile. La soluzione per i fenomeni migratori deve essere trovata in sede europea, mettendo insieme umanità e solidarietà e la Francia è pronta a cambiare le regole di Dublino”.

Corsa verso il petrolio libico

Milano Finanza ha poi analizzato la questione dei giacimenti libici. La Francia cerca di colmare il gap con Eni tramite la compagnia petrolifera libica Noe. La compagnia petrolifera libica, infatti, sta incassando cifre sempre più consistenti da Total da quando il gruppo francese ha raddoppiato  il numero di barili prodotti in Libia. Mettendo insieme le aree 15,16 e 32 di Al Jurf, i blocchi 129,130 e 131 e Waha, tra tasse e royalty sulla produzione Total nel 2018 ha versato nelle casse di Noe e del ministero delle Finanze libico ben 2,2 miliardi di dollari. Ciò, anche se i francesi sono ancora fermi a 63 mila barili al giorno, lontanissimi dai 302 mila della media Eni. La produzione non avanza come vorrebbe Total, che pure l’anno scorso ha investito altri 450 milioni di dollari per una quota del 16,3% di Waha. Con un potenziale produttivo di 220 mila barili al giorno, il giacimento è ancora fermo a 22 mila, mentre i costi lievitano. Altra spina nel fianco è il campo onshore di Mabruk, chiuso da quasi cinque anni. Per questo da Parigi è arrivato l’ordine di guardarsi intorno. Uno dei progetti ai quali si lavora passa perWoc (Waha Oil Company), con Noe, Wintershall e la stessa Total. Proprio in questi giorni sono partiti i contratti per rimettere in sesto due giacimenti danneggiati dai continui scontri tra milizie. Si tratta di Dahra e Bahi. Woc ha incaricato una sussidiaria di Noe, Libya Engineering Technology, di svolgere gli studi preliminari. E in pista c’è già un terzo progetto, ancora più ambizioso: riportare alla produzione l’area di Dorrà/Al-Jafra, che però risulta nella zona d’influenza del generale Haftar. 

 

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