Libia, il generale franco-russo Haftar marcia verso Tripoli

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha avuto una conversazione telefonica con il vicepremier libico Ahmed Maitig. Lo rende noto il Viminale, secondo cui i due si sono confrontati sugli ultimi sviluppi in Libia. La situazione libica è stata affrontata anche nel corso del G7 di Parigi: Salvini ha chiesto agli altri ministri di operare per la stabilità di Tripoli. Sollecitazione che ha ribadito al suo omologo Castaner nel corso di un incontro bilaterale. Salvini ha fatto un appello per fermare l’avanzata delle truppe per trovare una soluzione condivisa ed evitare nuovi spargimenti di sangue.

Tutt’altro che pacifica ed inclusiva la situazione sul terreno, dove il generale Kalifa Haftar, come noto aiutato da Francia e Russia, molti i dossier che ne dimostrano l’evidenza, sta marciando su Tripoli prima della conferenza nazionale di stabilizzazione. Prendere il potere ora significa consolidare i successi territoriali a sud del paese africano dove insistono  i più grandi e redditizi giacimenti di petrolio.

Così come riporta La Stampa, il  generale Khalifa Haftar sfida l’«altra» Libia e la comunità internazionale annunciando la sua Operazione per la liberazione della capitale. Liberazione a tutti i costi anche con l’utilizzo delle armi.

Un gesto prevedibile, secondo alcuni dato il fermento che ha animano le forze militari del generale negli ultimi tempi con le grandi manovre a sud e a ridosso dei pozzi petroliferi. Nessuno si è accorto, oppure ha fatto finta, che mercoledì scorso il generale dava ordine a trecento mezzi di muovere da Kufra alla volta della capitale, cogliendo impreparato lo stesso Sarraj. Il quale, su reiterata sollecitazione della cabina di regia militare di Misurata, ha proclamato l’allarme generale per tutte le forze di sicurezza in Tripolitania.

Al Sarraj ha condannato l’escalation e chiede di porre fine al linguaggio di minacce e promesse per usare quello della saggezza. Non c’è nessuna soluzione con la guerra perché la guerra non porta che distruzione.

Nel frattempo però Sarraj ha allertato anche le forze aeree del generale Ali Boudeya, il Capo dell’Aviazione del ministero della Difesa del Gna. I caccia sono infatti intervenuti colpendo un mezzo del convoglio dell’Esercito di Haftar. La mobilitazione ha riguardato anche «al Bunian al Marsus», la cabina di regia antiterrorismo di Misurata, mentre un gruppo di capi delle milizie della città-stato ha annunciato di essere pronto a «fermare l’avanzata di Haftar in Tripolitania», dando ordine a una mobilitazione generale verso Tajura poco fuori la capitale. Tutte le forze – spiegano fonti informate – sono ora in marcia verso Tripoli in una corsa contro il tempo rispetto all’esercito di Haftar. «A tè veniamo o Tripoli», ha tuonato il generale, apparso in video vestito in alta uniforme, evocando il canto dei pellegrini musulmani alla Mecca che intonano «a tè veniamo o Allah». Le forze del feldmaresciallo si sono mosse su tre direttive, la prima da Kufra verso Tripoli, con la mobilitazione, appunto, di almeno 300 mezzi. La seconda da Bengasi, dove il generale segue le operazioni, verso Sirte, la città di Gheddafi ed ex capitale del Califfato delle bandiere nere nel Maghreb, presidiata dopo la liberazione nel 2016 dalle forze di Misurata. La terza a sud di Tripoli, a Garian, meno di 100 km dalla capitale, dove forze allineate ad Haftar, con un colpo di mano, hanno preso il controllo della città nominando un nuovo sindaco e un nuovo capo della polizia. «Oggi facciamo tremare la terra sotto i piedi degli ingiusti», avverte il generale esortando alla resa le forze a presidio di Tripoli. Appello che cade nel vuoto: il capo delle milizie della città replica in un messaggio alla tv libica che i suoi battaglioni sono «pronti» a «respingere qualsiasi attacco» del generale. Anche i ribelli della Settima Brigata di Tarhuna, protagonisti della mobilitazione di settembre, si sono schierati a difesa della capitale in sintonia con gli alleati di Misurata. Stessa cosa vale per Zintan, altra «città-stato», militarmente strategica, che in passato era stata vicina al generale. Oltre alla forza di resistenza l’Esercito di Haftar si trova a dover fare i conti con le migliaia di unità mobili di Misurata, e con una linea di rifornimenti che potrebbe risultare troppo estesa.

Un paese arabo ha dato il via libera a Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), per lanciare l’operazione militare su Tripoli. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno del governo di Accordo nazionale libico, Fathi Bashagha, all’emittente televisiva “al Hurra”. “Ci sentiamo traditi dalla Comunità internazionale che non ha mantenuto le sue promesse”, ha affermato Bashaga. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto “profondamente preoccupato” per gli scontri tra milizie avvenute il 3 aprile a sud di Tripoli, in Libia, e del “rischio di un confronto”. In un messaggio sul suo profilo Twitter Guterres ha dichiarato: “Non c’è una soluzione militare. Solo il dialogo intra-libico può risolvere i problemi libici”. Per questo motivo, Guterres “invita alla calma e alla moderazione, mentre si prepara a incontrare i leader libici nel paese”.

Il 3 aprile, il comando generale dell’Lna ha annunciato l’avvio di un’offensiva militare che interessa la zona occidentale della Libia finalizzata a “ripulirla dalla presenza dei gruppi terroristici”. Secondo l’ufficio stampa del comando generale di Bengasi, “il movimento delle forze armate sta avvenendo sotto gli ordini e il controllo diretto del comandante supremo”, intendendo il generale Haftar. E’ stato inoltre pubblicato un filmato di otto minuti che mostra una lunga colonna di veicoli armati in movimento. Nella nota si spiega che “le unità dell’esercito si stanno muovendo verso occidente per ripulirlo di ciò che resta dei gruppi terroristici presenti nella loro ultima roccaforte nella regione occidentale”. Si precisa che “le unità militari avranno cura di preservare l’incolumità dei cittadini e dei beni pubblici libici”.

In questi anni la Libia è stata anzitutto terreno di scontro in seno al Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) tra Emirati e Qatar: Abu Dhabi ha sostenuto insieme all’Egitto la lotta del generale Haftar contro le milizie islamiste; Doha e la Turchia hanno appoggiato il governo di accordo nazionale di Tripoli e dei gruppi vicini all’ideologia dei Fratelli musulmani. Doha è insieme alla Turchia il principale rivale, oltre all’Iran, di Arabia Saudita ed Emirati, soprattutto dopo il boicottaggio contro Doha avviato nel giugno 2017 dai due paesi del Golfo insieme a Bahrein ed Egitto, principale sponsor di Haftar in Libia. La mossa di Haftar arriva peraltro dopo la prima visita del generale in Arabia Saudita avvenuta lo scorso 27 marzo. Una missione che ha alzato il livello del coinvolgimento dell’Arabia Saudita nella crisi libica. Finora, infatti, il regno aveva mantenuto un basso profilo sul dossier libico.

La visita di Haftar ha segnato un cambio di passo dell’Arabia Saudita nella crisi libica, la cui risoluzione è divenuta per i paesi del Golfo un fatto non solo di stabilità regionale, ma anche di agenda ideologico-religiosa, al pari dello scontro con l’Iran in Yemen e in Siria. Con la visita a Riad, Haftar ha rafforzato ulteriormente la sua posizione a livello regionale, dopo che sul campo ha ormai preso il controllo di due terzi del territorio del paese e di tutti i valichi di frontiera tranne quello di Ras Jedir con la Tunisia, gestito dal governo di accordo nazionale di Tripoli. Sul campo le forze di Haftar da tempo si pongono come argine alle milizie e ai gruppi armati islamisti con una propria agenda politica. Già lo scorso 11 marzo era scattato l’allarme a Sirte – ex roccaforte del defunto colonnello Muhammar Gheddafi, caduta nel maggio del 2016 sotto il controllo dei jihadisti e liberata nel dicembre dello stesso anno dalla “città-Stato” di Misurata – per il timore che la Tripolitania possa subire un attacco da parte di Haftar.

 

Libia, il generale franco-russo Haftar marcia verso Tripoli

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