Perso anche il Niger: gli americani “cacciati” dalla giunta militare

di Massimiliano D’Elia

Da tempo gli americani hanno interrotto gli aiuti al Niger a seguito del colpo di stato del luglio scorso da parte delle milizie paramilitari. Il primo ministro nigerino Ali Lamine Zeine, l’unico civile rimasto al potere tra i militari dell’autoproclamata giunta, ha incontrato due giorni fa la controparte statunitense per formalizzare la richiesta di abbandonare il Paese. La rottura con l’amministrazione statunitense è stata causata, secondo il WP, dagli accordi siglati dai golpisti con il Cremlino e dalle relazioni intraprese con l’Iran per la vendita di uranio.

Nell’ultimo mese la popolazione è spesso scesa per strada in segno di protesta contro gli americani, ricordando le stesse scene quando chiedevano la dipartita dei francesi. Gli americani interromperanno, pertanto, le operazioni aeree di sorveglianza dalla base di Agadez che è costata 100 milioni di dollari e che rimarrà in dotazione dei nigerini. La presenza americana nel cuore del Sahel costituiva l’ultimo importante baluardo “occidentale” nella lotta contro il jihadismo che, da tempo, ha lanciato una pesante offensiva contro i paesi dell’area centrale per sottomettere governi e popolazione.

A fronte di un evidente disinteresse occidentale alle questioni africane, attori stranieri hanno approfittato per aiutare i golpisti a prendere il potere (armi e addestramento) e combattere gli jihadisti. La Russia direttamente con aiuti militari e la Cina indirettamente con le sue aziende globali “statali” stanno, di fatto, conquistando l’Africa dove risiedeno nel suo sottosuolo grossi giacimenti, in parte ancora inesplorati, di risorse minerarie di primordine come terre rare, oro, cobalto, litio etc. Risorse che fanno la differenza nel campo dei materiali ritenuti indispensabili per la produzione dell’Hi-Tech di cui proprio l’Occidente non ne può più fare a meno.

Prima con la compagnia privata Wagner, ora dal 12 aprile con la compagine militare Africa Corps, inserita nell’esercito regolare del ministero della Difesa russo, Mosca continua nella sua certosina opera di conquista di importanti fette di influenza nel Continente Nero. Una strategia che le consentirà di poter continuare con la guerra ibrida, ampiamente inserita nella sua moderna dottrina militare. Ufficialmente il contingente russo è incaricato di addestrare i nigerini all’uso delle armi contraeree acquistate da Mosca.

Gestire il flusso della migrazione dal Sahel verso l’Europa, ovvero monopolizzare importanti giacimenti di minerali preziosi e implemetare operazioni di ricatto energetico sono solo una parte di un potere assoluto che alla lunga potrebbe davvero far invertire l’ordine mondiale dalla tradizionale trazione occidentale a quella emergente dei paesi del Sud del Globo. I paesi che si stanno saldando attorno al nuvo termine identitario “Sud del Mondo” comprendono l’Africa, l’America Latina, l’America Centrale, l’India, il Sud-est asiatico e molti paesi del medio ed estremo Oriente. Recentemente anche i paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) si sono indentificati in questa nascente compagine che riunisce, di fatto, l’80% della popolazione mondiale.

Tuttavia, si ritiene che il nuovo contingente militare russo in Africa probabilmente rimarrà limitato nei prossimi mesi perché ha problemi di reclutamento per via della guerra in Ucraina. Questa presenza limitata consentirà però alla Russia di rafforzare la propria influenza in Niger e consolidare la sua rete logistica in Africa senza influenzare significativamente le crescenti insorgenze di al-Qaeda e dello Stato Islamico.

In Niger le uniche truppe occidentali accettate ed accolte con favore sono quelle italiane. Il governo Meloni, da qualche settimana, ha infatti ripreso la collaborazione con le forze armate nigerine dopo gli eventi del golpe di luglio scorso. Tutti gli altri contingenti, incluso quello francese, le due missioni dell’UE e ora il personale statunitense, sono stati espulsi dai golpisti.

Gli americani starebbero pensando di spostare la base di Agadez in Benin, Costa d’Avorio o Ghana anche se così facendo si allontanerebbe l’area della sorveglianza delle zone più attive dei terroristi.

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