Recovery Fund: “Per ora solo un bazooka di carta”

(di Massimiliano D’Elia) La Commissione Ue con la proposta del Recovery Fund ha messo, complessivamente sul tavolo della crescita del vecchio continente, ben 3.000 miliardi: 1.100 i miliardi messi a disposizione nel prossimo bilancio pluriennale 2021-2027, 240 miliardi della linea di credito sanitaria del Mes, 200 miliardi di finanziamenti per le piccole e medie imprese messi a disposizione dalla Bei,  100 miliardi a sostegno della cassa integrazione (Fondo Sure), 750 miliardi del programma Pepp della Bce e altri 750 miliardi con il Recovery Fund. Un vero e proprio bazooka, peccato che ad oggi solo di carta perchè non in grado di sparare alcun colpo, visto che non ha ancora le munizioni.

Parliamo solo di intendimenti, perchè a decidere sarà il Consiglio europeo che si incontrerà il prossimo 18 e 19 giugno. Lì ci sarà da battagliare perchè Italia, Francia e Spagna, con l’appoggio di Berlino, sostengono la proposta della Commissione. 

Fonte: La Stampa

I paesi dell’asse del nord guidati dall’Olanda (in molti sostengono, anch’essa appoggiata dai falchi tedeschi) fanno già sapere di essere sul piede di guerra. Certo è che i 172 miliardi che andrebbero all’Italia sotto forma 91 miliardi di prestiti e 82 di sovvenzioni, semmai elargiti non saranno subito disponibili. Si pensa  di spalmare tali somme nei 7 anni del bilancio Ue, 2021-27 sempre e solo dopo aver visionato ed approvato i piani di sviluppo presentati dai Paesi comunitari e dopo il raggiungimento degli obiettivi, valutati di volta in volta. Insomma si tratterà di essere sottoposti a continui esami da parte della Commissione Ue, una specie di baratto gentile. La conferma dalle parole del numero due della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis: “arriveranno ai Paesi in tranche legate agli obiettivi di riforma”. Le Tranches, il 60 per cento di tali fondi andranno impegnati entro il 2022 e il restante 40 per cento entro il 2024.

La realtà sull’economia reale è molto diversa. Solo per i bilanci dei Comuni servono altri 3 miliardi entro luglio. E si inizia a discutere, sotto traccia, di un nuovo provvedimento, magari in deficit – servono almeno 20 miliardi – ha detto nei giorni scorsi Laura Castelli, per sostenere anche settori tra i più colpiti, come automotive e turismo. Slitta in Consiglio dei ministri, per problemi di coperture e non senza tensioni, anche il Family Act, proposto da Italia viva. 

Per far fronte a tutte le esigenze, nel Pd e in Iv in tanti sono convinti che sarà inevitabile accedere a tutti i fondi Ue disponibili, inclusi i 36 miliardi del Mes. 

Occorre un piano strategico nazionale. L’Italia, sollecita Paolo Gentiloni, e’ incoraggiata a presentare il suo Recovery Plan, il piano di riforme, con la prossima legge di bilancio. Conte, scrive l’Ansa, ha già illustrato i suoi sette punti, che vanno dalla semplificazione normativa, al fisco, alla giustizia: sono riforme – spiegano a Palazzo Chigi – che servono al Paese e già nei progetti del premier per il prosieguo della legislatura. 

L’ossatura degli interventi potrebbe iniziare a tratteggiarsi già nelle prossime settimane, con il Piano nazionale delle riforme, per poi avere un quadro completo, con la riforma fiscale, nella prossima manovra finanziaria. 

La discussione interna alla maggioranza verte, perciò, su quali fondamenta basare il   piano da proporre a Bruxelles. Al Pd sono convinti che la richiesta dei fondi Ue non potrà essere giustificata dal progetto di tagliare le tasse, come invece vorrebbero M5s e Iv, con l’abolizione di ‘Irap e abbassamento delle aliquote Irpef.  Hanno ragione perché questi fondi sono “una tantum” e non strutturali, quindi non in grado di fornire sussidi a vita. Di fronte ad una decrescita che toccherà numeri a due cifre e con un rapporto deficit/pil che supererà i 160 punti percentuali, il Piano italiano, per essere credibile, dovrà indirizzarsi verso  settori che garantiscono una crescita virtuosa dell’intero Sistema Italia.

Di converso, tante le domande che non riescono ancora a trovare una credibile risposta, al di là dei proclami propagandistici. Come finanziare nuovi ammortizzatori sociali? Come sostenere il lavoro quando scadrà il blocco dei licenziamenti? 

Nel frattempo a Bruxelles starebbero pensando ad un finanziamento  ponte da erogare già  a settembre (circa 2-4 miliardi per l’Italia), per cercare di temporeggiare, in attesa della potenza di fuoco – termine utilizzato dal premier Conte in uno dei suoi interventi a reti unificate sul decreto liquidità – del bazooka, parliamo di briciole, appunto.

Solo chi riuscirà a dare queste risposte e presentare un Recovery Plan credibile e soprattutto attuabile, potrà essere annoverato, a pieno titolo nei libri di storia, come grande statista.

 

Recovery Fund: “Per ora solo un bazooka di carta”