7 gennaio truppe di Erdogan in Libia e invio missione Ue: siamo in ritardo? La Libia per il monopolio energetico in Europa

(di Massimiliano D’Elia) Il ministro degli interni libico Fathi Bashagha ha dichiarato che il suo governo invierà alla Turchia una richiesta ufficiale di sostegno militare per combattere i mercenari al fianco di Khalifa Haftar. 

Erdogan ha risposto che il 7  il parlamento turco (certo della maggioranza) approverà l’invio delle truppe a sostegno di Tripoli. L’8 gennaio ci sarà l’incontro tra Erdogan e Putin per parlare di Libia (spartizione degli interessi) e dei pericoli derivanti dall’intraprendenza di alcuni Paesi nel campo dell’approvvigionamento dell’energia che potrebbe minare le mire del gasdotto Russo-Turco Turkstream.

Il pericolo numero uno per Putin ed Erdogan si chiama Eastmed, il gasdotto controllato dalla greca Depa e da Edison (del gruppo francese Edf). Si tratta di una rete fondamentale per l’Italia, che attraverso un’intesa con Atene e la pipeline Poseidon può diventare il Paese centrale dell’Eastmed affermandosi primo fornitore di gas, con Eni, oltre che primo acquirente. Israele, Grecia e Cipro firmeranno il 2 gennaio ad Atene un accordo per il gasdotto EastMed. Secondo il progetto, Eastmed dovrebbe arrivare fino al sud d’Italia e da qui in Europa. 

EastMed

Quello che stiamo facendo non è una reazione a qualcuno – dice Nikos Dendias, ministro degli Esteri grecoE’ uno sforzo per migliorare la qualità della vita dei nostri cittadini, per migliorare le nostre economie, per dare soluzioni. EastMed è una grande spinta per il bilancio energetico dell’Unione Europea“.

“Credo che sia stata creata l’infrastruttura giusta in modo da neutralizzare qualsiasi mossa da parte di coloro che desiderano destabilizzare il Mediterraneo orientale violando il diritto internazionale“, ha detto detto Nikos Christodoulides, ministro degli Esteri della Repubblica di Cipro.

Christodoulides evidentemente si riferisce al presidente turco Erdogan, che ha recentemente stipulato un accordo con la Libia, che gli riconosce la giurisdizione in un tratto delle acque nordafricane, noncurante delle pretese della Grecia.

Il gasdotto EastMed avrà una capacità tra i 9 e i 12 miliardi di metri cubi all’anno e sarà alimentato dalla riserve a largo delle coste dei tre paesi firmatari. Si snoderà per 2mila chilometri da Israele e, attraverso Cipro e Creta, raggiungerà la Grecia continentale.

Rivalità di Italia e Francia in Libia

Gli interessi dei loro due giganti dell’oro nero, l’italiana Eni e la francese Total, sono in contrasto in Libia, scrive La Verità. Vanno rilevati tre atteggiamenti francesi e fatta un’osservazione. Il primo atteggiamento da segnalare riguarda la Wagner: la presenza di questi mercenari russi in Libia ma anche in Africa centrale non è mai stata condannata dall’Eliseo. ll secondo si riferisce alle pressioni di Parigi che in questi mesi di offensiva ha cercato, riuscendoci, di evitare che nei comunicati ufficiali l’Unione europea condannasse il generale Haftar. Il terzo e ultimo riguarda le ultime mosse francesi: viste le difficoltà europee, ha preferito mandare avanti l’Italia con un tentativo diplomatico pressoché impossibile. L’osservazione riguarda i bersagli dei raid dell’uomo forte della Cirenaica, sostenuto da Mosca: mai l’aviazione di Haftar ha preso di mira gli stabilimenti Total, a differenza di quanto accaduto con quelli gestiti da Eni.

La fretta della Turchia ad intervenire in Libia

 A quanto pare c’è un’accelerazione dell’accordo bilaterale libico-turco mentre i paesi occidentali, con tutta calma, si incontreranno a Berlino il 14 -15 gennaio, terminate le festività natalizie. Haftar, invece, forte dell’aiuto di 5mila sudanesi, 200-1000 contractor russi (società Wagner), Emirati Arabi, Egitto e piccole aliquote di mercenari francesi, continua a bombardare Misurata ponendo l’ennesimo ultimatum a Tripoli che scade mercoledì prossimo.

L’Europa in ritardo manda una delegazione Ue a Tripoli 

L’Europa muove i primi flebili passi, oramai tardivi e  decide di andare in missione a Tripoli il 7 gennaio dietro impulso italiano, con il coordinamento dell’Alto rappresentante della Ue Josep Borrell, che ha informato ieri il ministro degli Esteri libico, e la spinta di Berlino che sta preparando in Germania la conferenza di gennaio sulla Libia. Il tutto per impedire l’affondo su Tripoli delle truppe di Bengasi del generale Haftar (sostenuto da Egitto, Russia e Emirati Arabi Uniti) e il dispiegamento contrario di truppe turche in appoggio al fragile governo di concordia nazionale di Al Sarraj. Borrell ha precisato al suo interlocutore che alla missione parteciperanno I titolari degli Esteri di Italia, Germania, Francia e Regno Unito. Un estremo tentativo di stabilizzazione, mentre tuonano le armi e l’autoproclamato esercito di liberazione libico di Haftar annuncia di aver preso il controllo della base di Nagliya e dell’aeroporto a sud di Tripoli, pronto a entrare con forze di élite nei quartieri residenziali a sud della capitale. Sulla pagina Facebook delle forze di Haftar si legge che avanzano verso il centro di Tripoli «dopo violenti scontri» con le milizie di Al Sarraj che si sarebbero «ritirate lasciando cadaveri lungo la strada per l’aeroporto».

La grande beffa ai danni dell’Italia

Una volta gli accordi bilaterali con la Libia li stringevamo noi, era l’Italia il partner privilegiato era l’Eni che collaborava in maniera importante con le autorità petrolifere libiche con mutui vantaggi per entrambi i paesi. Nel 2011 la Francia decise che il “giocattolo” doveva essere rotto, attaccò la Libia per prima e favorì la caduta di Gheddafi.

Con Gheddafi l’Italia aveva raggiunto un equilibrio perfetto anche per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori. Dopo il 2011 la Libia è piombata nel “caos”, una terra di conquista per chiunque avesse mire egemoniche, Francia in primis con la sua compagnia Total. Gli Usa hanno sempre trattato il dossier libico con evidente disinteresse tant’è che oggi Russia e Turchia vogliono mettere le loro bandierine su un territorio martoriato da migliaia micro conflitti, ma indubbiamente ricchissimo di risorse energetiche e molto appetibile per la sua strategica posizione geografica.

Chi controlla la Libia, controlla il Mediterraneo, l’energia  e i flussi dei migranti.

L’Italia, invece, è rimasta a guardare organizzando il vertice di Palermo (un palese fallimento), cercando la sponda americana, mai avuta, ed ora l’aiuto della stessa Francia, Germania e Inghilterra con il vertice di Berlino.

Il pericolo maggiore che si starebbe profilando è la presenza turca in Libia, una presenza scomoda perchè Erdogan potrebbe utilizzare la leva dei flussi migratori per minacciare l’Europa sia da est (confine balcanico) sia da sud (con la Libia). Non dimentichiamo che la Turchia per contenere i migranti, assiepati nei suoi territori, riceve dall’Unione Europea ogni anno tanti miliardi di euro, di recente l’Ue ha staccato un assegno di 5 miliardi. Poi c’è la questione del gasdotto Turkstream da preservare.

In  Italia si gioca con i numeri degli arrivi dei migranti

L’Italia in perenne campagna elettorale ancora gioca con il numero degli arrivi sul territorio nazionale. Gli ultimi dati del Viminale confermano che quest’anno gli arrivi sono crollati, si sono dimezzati, una specie di “spot” per il  Governo giallo-rosso. Due giorni fa, infatti,  sono stati resi noti dal Viminale i dati relativi all’arrivo di migranti nel nostro Paese dal 1° gennaio al 24 dicembre 2019:  quei numeri dicono che gli sbarchi quest’anno sono dimezzati rispetto all’anno precedente (11.439 in confronto ai 23.210 del 2018) e diminuiti del 90% in rapporto al 2017 (quando erano stati 118.914). Ha precisato l’ammiraglio Nicola De felice al TG4 che con Salvini la media degli arrivi era 22 al giorno, con Lamorgese, invece, è di 54 al giorno.

A prima vista tutti penserebbero che la contrazione è avvenuta grazie all’attuale ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Dati alla mano il merito è, invece, dell’ex ministro Matteo Salvini che nel 2019 ha retto il Viminale per i primi otto mesi. Come scrive il Giornale, occorre anche precisare che, se questo esecutivo non può spalancare i porti e favorire l’accoglienza indiscriminata, come vorrebbe,  è proprio per via dei decreti sull’immigrazione voluti da Salvini che hanno posto una stretta all’arrivo di ong, ristabilito il controllo sulle nostre acque territoriali e reso meno appetibile l’approdo in Italia, eliminando la concessione del permesso per motivi umanitari. Volendo andare indietro, si potrebbe attribuire qualche merito anche all’ex ministro dell’Interno Minniti che ha siglato un accordo con la Libia per cercare di stroncare il flusso migratorio in partenza.

I migranti sbarcati in Italia nel 2019 sono stati 11.439, il 50,72% in meno dell’anno scorso, quando furono 23.210. Lo rilevano i dati del Viminale aggiornati al 24 dicembre. La differenza aumenta ancora di più se si guarda al 2017, quando i migranti arrivati via mare furono 118.914, il 90,38% in più rispetto a quest’anno. Sul fronte delle nazionalità dichiarate al momento dello sbarco. secondo i dati del Viminale degli 11.439 migranti arrivati quest’anno 2.654 provengono dalla Tunisia (23%). Seguono gli arrivi da Pakistan (1.180. ovvero il 10%). Costa d’Avorio (1.135, il 10%), Algeria (1.005. il 9%). Iraq (972. il 9% del totale). Bangladesh (581, il 5%) e Iran (481, il 4%).

 

7 gennaio truppe di Erdogan in Libia e invio missione Ue: siamo in ritardo? La Libia per il monopolio energetico in Europa