Tregua vigilata tra Israele e Hamas, qualcosa si muove tra mille incognite

di Redazione

L’ottimismo si riflette sui media israeliani e arabi riguardo all’ultimo incontro al Cairo tra i negoziatori incaricati di trovare un terreno comune per porre fine, almeno temporaneamente, alle ostilità a Gaza e per riportare a casa gli ostaggi israeliani, ancora in mano di Hamas.

La proposta in esame è stata avanzata dagli americani. Secondo fonti egiziane citate dai media qatarioti, si starebbe lavorando su un accordo di sei settimane di tregua in cambio del rilascio di 40 ostaggi, con un parziale ritorno degli sfollati palestinesi nella parte settentrionale della Striscia. Nel frattempo, il capo della CIA William Burns ha chiesto di sospendere i combattimenti in tutte le forme durante la festa di Eid al-Fitr, che dura tre giorni a partire da martedì sera e conclude il Ramadan, come riferisce l’emittente saudita ‘Al-Sharq’. Durante la pausa per l’Eid, i negoziati in corso al Cairo tra le parti dovrebbero continuare.

Mentre il Qatar si dichiara ottimista e una fonte egiziana parla di grandi progressi e di un accordo sui punti principali tra le varie parti, Israele ha stemperato le aspettative: “Non vediamo ancora l’accordo all’orizzonte, la distanza tra le parti resta considerevole“. Israele conferma però che “la proposta di rilascio degli ostaggi è stata presentata ad Hamas“. Hamas, dal canto suo, starebbe valutando l’accordo, che include, insieme alla tregua di sei settimane, il rilascio di donne e bambini israeliani in ostaggio in cambio di circa 900 prigionieri palestinesi. Nella sua fase iniziale, prevederebbe anche il ritorno dei civili palestinesi sfollati nella parte settentrionale della Striscia e la consegna di 400-500 camion di aiuti alimentari al giorno.

Le iniziative per una tregua servono anche per cercare di raffreddare le minacce di rappresaglia lanciate da Teheran per il raid israeliano sul consolato iraniano a Damasco. Gli americani sostengono che l’Iran non vuole desistere dal suo piano di colpire Israele al momento giusto. Nel frattempo un altro fronte potrebbe aprirsi in Libano dove l’IDF avrebbe ucciso Ali Ahmed Hassin, comandante delle Forze Radwan dell’organizzazione terroristica Hezbollah nella regione di Hajir.

Benjamin Netanyahu, a seguito delle pressioni del presidente americano Joe Biden ha dato la luce verde all’ingresso a Gaza di 300 camion di aiuti nelle ultime 24 ore, ordinando il ritiro delle truppe combattenti dai territori meridionali di Khan Yunis. Sull’ingresso a Rafah, Tel aviv però non desiste anzi ha confermato che avverrà dicendo anche che c’è già una data.

Oltre alla popolazione che scende sempre più spesso in piazza in segno di protesta, internamente Netanyauh inizia ad avere problemi nel suo governo. “Se Netanyahu decide di porre fine alla guerra senza un attacco esteso a Rafah per sconfiggere Hamas, non avrà il mandato per continuare a servire come primo ministro”, ha minacciato il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir ieri mattinata. Sulla stessa linea il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich che ha convocato il suo partito, il Sionismo Religioso, per valutare la situazione dopo l’annuncio dell’esercito del ritiro da Khan Yunis.

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