Australia fuori dalla Nuova Via della Seta, il disappunto di Pechino

La Nuova Via della Seta – Belt & Road Initiative -, lanciata dalla Cina nel 2013 e che interessa 139 Paesi oggi perde l’Australia che ha annullato il memorandum di intenti poiché considerato non più in linea con la sua politica estera.

Questa e’ un’altra mossa irragionevole e provocatoria“, così ha commentato Pechino tramite la propria cancelleria in Australia, dopo l’annuncio del ministro degli Esteri Marise Payne. La diffidenza però parte da lontano, quando l’Australia ha aperto un’indagine sull’origine del Covid e la Cina, in risposta, ha inasprito i rapporti con l’imposizione sanzioni commerciali. Ma a Pechino non era piaciuta neanche l’iniziativa avviata del paese dei canguri con Usa e Giappone per nuovi progetti legati alle infrastrutture. L’Australia ha da sempre anche condannato la Cina per gli arresti dei dissidenti a Hong Kong e la repressione degli uiguri. Proprio sul caso degli uiguri, tra l’altro, a Roma in Commissione esteri della Camera, scrive l’Ansa, si lavora per arrivare la settimana prossima ad una sintesi fra le 5 risoluzioni proposte dai partiti. Si potrebbe includere un riferimento a Usa, Canada e Olanda che lo hanno definito “genocidio”. E si guarda anche alla Gran Bretagna, dove domani la Camera dei Comuni discutera’ sui crimini contro l’umanita’ nella regione cinese autonoma dello Xinjiang.

“Intromettersi negli affari interni degli altri non otterra’ alcun supporto”, ha detto ieri Xi al Forum Boao per l’Asia, prima di una sorta di invocazione a un nuovo ordine mondiale contro la leadership americana. Xi con la Nuova Via della Seta mirava ad approfittare del protezionismo di Washington in era Trump, coinvolgendo compagnie e banche cinesi per finanziare e costruire ferrovie, porti, autostrade e infrastrutture tecnologiche, e creare corridoi commerciali fra Asia, Europa, Africa e Sudamerica.

L’unico Paese del G7 ad aderire alla Nuova Via della Seta e’ stata l’Italia nel 2018, sollevando non poche critiche da parte dei paesi Ue e dagli Usa stessi. Un memorandum di intenti “piu’ che altro simbolico, con scarsi seguiti”, evidenzia la task force del Council on Foreign Relations, secondo cui la crisi del Covid ha messo a nudo i limiti dell’approccio cinese. Con il rallentamento del flusso dei rifornimenti da Pechino, molti Paesi hanno posticipato o cancellato progetti, e altri – soprattutto alcuni dei 39 Stati dell’Africa subsahariana membri della BRI, come il Kenya – si sono ritrovati con un fardello ulteriore di “debiti neocoloniali”.

Australia fuori dalla Nuova Via della Seta, il disappunto di Pechino