La Russia dopo Libia, Algeria e Sahel guarda anche alla Tunisia

di Emanuela Ricci

Il 15 aprile scorso una grande nave militare russa è attraccata al porto libico di Tobruk. Sono stati scaricati grossi camion con armi e munizioni e tanti militari, probabilmente appartenenti al neo costituito gruppo regolare militare Africa Corps che sta rimpiazzando la compagnia privata Wagner nelle varie aree africane, ormai sotto il diretto controllo di Mosca. Parliamo di Burkina Faso, Mali, Repubblica Centrafricana, Niger e Ciad. Indicativa è anche l’evidente influenza russa in quella parte della Libia (Est) guidata dal generale Kalifa Haftar. Il generalissimo della Tripolitania che se da un lato stringe la mano al nostro presidente del Consiglio Giorgia Meloni dall’altro strizza l’occhio alla Russia di Vladimir Putin. Mosca intende estendere la propria influenza in tutto il Sahel e Nord Africa per poter disporre di un’altra potentissima arma, quella della gestione dei flussi migratori irregolari verso il Vecchio Continente e il controllo delle risorse minerarie ed energertiche. L’arma demografica, quella della migrazione incontrollata, è un’arma altamente impattante sulla stabilità dei governi che concorre ad hackerare le società moderne, così come scritto a chiare lettere nella innovativa dottrina militare del generale russo Gerasimov.

Ad inquadrare meglio lo scenario ci ha pensato uno dei portavoce del Dipartimento di Stato Usa sulle pagine del quotidiano italiano Repubblica: “Continuiamo a essere preoccupati per le attività della Wagner, e quelle sostenute dalla Russia nel continente africano, che alimentano i conflitti e favoriscono la migrazione irregolare, anche verso la Tunisia”.

Quindi oltre all’intera area del Sahel, alla Libia e all’Algeria le mire di Mosca si estenderebbero anche alla Tunisia. Si starebbe concretizzando così una virata politica di 360° che vanificherebbe gli sforzi del governo italiano che si è tanto speso portando il presidente della Commissione UE, Ursula von der Lyen e rappresentanti dell’FMI a Tunisi per sbloccare i finaziamenti pari a 1,9 miliardi di dollari in 48 mesi per evitare il pericoloso fallimento del Paese. Misura non ancora approvata per la diffidenza del leader tunisino Saied, contrario alle riforme che dovrebbero seguire ai finaziamenti.

Nel frattempo negli ultimi giorni si sono intensificati gli avvistamenti di voli militari russi che atterrano sull’aeroporto dell’isola tunisina di Djerba, al confine con la Libia. Un chiaro segnale che la Russia sarebbe pronta a sostituire UE e FMI nelle vicende tunisine. Una situazione di allarme per l’Italia che, invece, ha investito molto per tessere una fitta rete di relazioni con i Paesi nordafricani sia per questioni legate ai flussi migratori sia per questioni più strategiche che riguardano gli aprovviggionamenti energetici.

Algeria e Tunisia risultano, pertanto, strategicamente determinanti per gli interessi dell’Italia, specialmente dopo il disimpegno nazionale dal gas russo a seguito del conflitto russo-ucraino. Il gasdotto Transmed, ad esempio, è uno dei cinque gasdotti che permettono all’Italia di importare gas naturale. Si tratta di un’infrastruttura che, partendo dall’Algeria, attraversa la Tunisia e il Mar Mediterraneo, arrivando fino in Sicilia a Mazara del Vallo. Il Transmed è uno dei principali gasdotti del Mar Mediterraneo, assieme ad altre importanti strutture come il TAP (Azerbaijan) o il GreenStrem (Libia).

Gasdotto Transmed

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