Siamo alle ultime battute della guerra russo-ucraina

(di Massimiliano D’Elia) Il capo di gabinetto del segretario generale della Nato, tale Stian Jenssen, durante le giornate calde di ferragosto ha lanciato pubblicamente una proposta apparentemente irricevibile, per dare una svolta al conflitto russo-ucraino: “Kiev dovrebbe cedere alcuni territori per avere un facile e veloce accesso nella Nato”. I contenuti della frase, un tempo inaccettabili, ora suonano come un modo intelligente per far terminare una guerra “impantanata” che non ha portato progressi in un senso o nell’altro ma solo tante giovani vite spezzate tra militari e civili.

A soffire non solo le popolazioni martoriate dalla guerra ma anche le economie mondiali da tempo attanagliate da spinte inflattive che si riverberano inesorabilmente sulla vita reale dei suoi cittadini, sempre più alle prese con un carovita diventato insostenibile, specialmente in Italia dove si registrano gli stipendi più bassi dell’Unione eropea.

La pazienza dell’Occidente sta, quindi, per finire visto che gli auspicati successi dell’annunciata controffensiva di primavera non sono ancora arrivati a fronte di una lunga guerra di posizione che si snoda tra le roccaforti conquistate dai russi che vanno da est fino alle coste di Odessa. Tutto ciò nonostante i 50 miliardi di dollari stanziati fino ad oggi dagli americani e i 77 miliardi di euro dell’Unione europea.

L’annuncio dell’alto funzionario dell’Alleanza è stato, però, subito smentito nel giro di ventiquattro ore.

Lo stesso Jenssen ha dovuto fare marcia indietro: “Le mie parole facevano parte di un dibattito più ampio su possibili futuri scenari in Ucraina. Non avrei dovuto esprimermi in quel modo. Ho sbagliato”.

I più piccati sono stati gli ucraini che dal cinguettio su twitter del consigliere di Zelensky hanno fatto sapere:“Scambiare territori per un ombrello Nato? E ridicolo. Significherebbe scegliere deliberatamente la sconfitta della democrazia, incoraggiare un criminale globale, preservare il regime russo, distruggere il diritto internazionale e tramandare la guerra ad altre generazioni“.

La diplomazia infittisce le sue trame

Di fronte all’incredulità delle cancellerie occidentali, per la frase del capo di gabinetto di Stoltenberg, c’è comunque una necessità: terminare questa guerra il prima possibile intessendo fin d’ora trame diplomatiche utili per far sedere ad un tavolo i due contendenti con una proposta accettabile e ragionevole al cospetto dei propri cittadini.

Di alto livello diplomatico è stata l’iniziativa del principe saudita Mohammed Bin Salman, con il vertice ospitato a Gedda il 5 e 6 agosto scorsi, dove ha coinvolto nel confronto Cina, Brasile, India e altri Stati, notoriamente non ostili alla Russia.

A fare chiarezza della situazione sono stati gli americani che hanno fatto sapere, tramite i canali diplomatici, che nei prossimi mesi Zelensky proverà a sfondare su tutto il fronte, compreso quello della Crimea. Se l’operazione non dovesse riuscire, il governo di Kiev cercherà di riconquistare la sovranità sulla penisola per via diplomatica. Il conflitto terminerà, quindi, anche se i soldati russi dovessero ritirarsi sulla linea di frontiera stabilita, a seguito dell’occupazione del 2014. La contesa nel negoziato dovrebbe quindi concentrarsi alla sola Crimea.

Le condizioni per una pace accettabile

Zelensky all’inizio della guerra aveva dichiarato di voler cacciare i russi non solo dai territori occupati dopo il 24 febbraio 2022, ma anche da quella parte del Donbass e dalla Crimea annesse illegalmente nel 2014. Un obiettivo che difficilmente potrà essere raggiunto, considerati gli scarsi risultati riportati sul terreno e l’insofferenza occidentale per una guerra diventata troppo lunga e non più sostenibile.

Come contropartita accettabile Zelensky, invece, potrebbe davvero avere un più celere accesso del suo Paese nella Nato, concretizzando così nei fatti l’improvvida rivelazione di ferragosto del capo di gabinetto del segretario generale della Nato.

L’economia russa mostra qualche cedimento dall’interno per via degli ingenti finanziamenti (circa il 30% del suo bilancio) a favore dello sforzo bellico con un’inflazione galoppante e con un rublo debolissimo, nonostante una crescita annua prevista del 3,4%. Anche Putin, quindi, potrebbe accettare lo status quo ante guerra, ufficializzando le conquiste a seguito delle annessioni del 2014 da parte della Comunità Internazionale.

In un senso o nell’altro siamo comunque davvero alle battute finali di un conflitto che ha ridisegnato la geopolitica mondiale condizionandola per i prossimi decenni.

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