Libia: Fallimento italiano. Eni si difende da sola

L’Italia ha perso la Libia nel 2011 quando venne deposto con la forza Gheddafi, per mano della Francia di Sarkozy. La Francia non ha mai digerito la nostra rilevanza, la nostra corsia privilegiata in Libia. La spallata definitiva per l’Italia la firma, il 27 novembre scorso, del trattato turco-libico sulle aree giurisdizionali del Mediterraneo di cui Serraj ha annunciato l’entrata in vigore l’8 dicembre scorso. Turchia e Libia hanno così  trasformato i seicento e passa chilometri di Mediterraneo che separano la costa turca di Bodrum e Marmara da quella libica di Derna e Tobruk in una zona economica esclusiva ignorando la presenza di Creta e delle isole greche del Dodecanneso.

L’intesa riconosce alla Turchia diritti quasi esclusivi sulle prospezioni per la ricerca di gas e petrolio mettendo a serio rischio le concessioni off shore dell’Eni. E la minaccia non si ferma alla Libia. L’accordo mette indirettamente a rischio anche le prospezioni dell’Eni nelle acque di Cipro bloccando di fatto l’eventuale costruzione dei gasdotti indispensabili per portare in Europa il gas di nuovi giacimenti.  Oltre al gigantesco pozzo Zohr, scoperto dall’Eni di fronte all’Egitto, e all’Aphrodite, al Leviathan e al Tamar già attivi nelle acque di Cipro ed Israele quel tratto di Mediterraneo, nasconde secondo alcune stime, riserve di gas per oltre 3mila 500 miliardi di metri cubici. Ma per individuarle bisogna fare i conti con la Turchia impegnata da anni a contestare le zone economiche esclusive concordate da Cipro, Egitto ed Israele per spartirsi i diritti di ricerca. Diritti che Erdogan vorrebbe ripartiti con la Repubblica Settentrionale di Cipro, lo stato fittizio non riconosciuto dall’Onu, creato nei territori occupati militarmente da Ankara nel 1974”.

Perdere la Libia è un fallimento epocale della politica estera italiana

In pericolo l’interscambio tra i due paesi che si è attestato nel 2018 a 5,4 miliardi di euro, secondo quanto riferisce Quotidiano energia, di cui l’88,8% nel settore energetico per un ammontare di oltre 4,1 miliardi di euro che fanno del paese nordafricano il quinto fornitore della nostra Penisola.

La Libia possiede, infatti, le none riserve petrolifere più grandi del mondo, circa 48 miliardi di barili, secondo le stime dell’US Energy Information Administration. I dati 2018 della Noc, la National Oil Corporation che controlla tutte le riserve del paese, hanno registrato una produzione media di 1,107 milioni di barili al giorno nel 2018 e un fatturato medio di 24,4 miliardi di dollari con un aumento del 78% su base annua, secondo quanto riporta una nota della stessa compagnia. Si tratta del massimo livello di produzione e entrate dal 2013, come ricordato dal presidente della Noc Mustafa Sanalla.

A cominciare da quest’anno però si registra un certo rallentamento: a gennaio, secondo quanto riporta il sito ufficiale della Noc, le entrate generali derivanti dalla vendita di petrolio e derivati, oltre a tasse e canoni ricevuti dalle concessioni, è stato di poco superiore a 1,6 miliardi di dollari, in calo di oltre 680 milioni rispetto al mese precedente (-30%). Stesso discorso a febbraio: le entrate sono state pari a 1,26 miliardi di dollari, oltre 330 milioni in meno nel confronto mese su mese (-21%). “Il calo delle entrate petrolifere è attribuito a condizioni meteorologiche avverse che hanno colpito le esportazioni dal porto di Es Sider, oltre al recente blocco delle milizie armate e allo stato di forza maggiore a Sharara fino al 4 marzo 2019”, ammette Noc evidenziando, tramite le parole del presidente Sanalla, la possibilità di aumentare quest’anno la produzione “fino a 1,4 milioni di barili” nel caso di una stabilizzazione della situazione. E in effetti, secondo quanto riporta l’agenzia Nova, la produzione di greggio in Libia sarebbe “salita ad aprile a 1,2 milioni di barili al giorno”, secondo lo stesso presidente Sanallah. Quest’ultimo ha rilevato come l’aumento di produzione sia legato proprio alla ripresa delle attività del complesso di al Sharara, nel sud della Libia, “che si è attestato a 280 mila barili di petrolio al giorno”.

L’ENI in Libia

Naturalmente l’Italia è interessata da vicino anche per il ruolo che svolge Eni nel paese, presente dal 1959 e in tandem con la società nazionale Noc, rappresenta il 70% della produzione nazionale libica. Gli ultimi dati di produzione di Eni in Libia parlano di 270-280 mila barili al giorno, mentre nel 2017 si era toccato il record di 384 mila barili al giorno. Senza dimenticare il fondamentale compito che svolge il gasdotto Greenstream che raccogliere il gas proveniente dai due giacimenti di Bahr Essalam e Wafa per poi approdare a Gela, in Sicilia.

La produzione libica dell’Eni “vale circa il 15% della produzione del gruppo italiano. Circa un terzo del gas naturale prodotto dal gruppo è libico”. Come ha spiegato il gruppo guidato dall’ad, Claudio Descalzi, l’attività è condotta nell’offshore mediterraneo di fronte a Tripoli e nel deserto libico per una superficie complessiva sviluppata e non sviluppata di 24.673 chilometri quadrati (12.336 chilometri quadrati in quota Eni). L’attività di esplorazione e sviluppo è raggruppata in 6 contratti. A livello onshore abbiamo l’Area A, comprendente l’ex Concessione 82 (Eni 50%); l’Area B, ex-Concessione 100 (Bu Attifel) e il Blocco NC 125 (Eni 50%); l’Area E, con il giacimento El Feel (Elephant) (Eni 33,3%); l’Area F, con il Blocco 118 (Eni 50%); e l’Area D, con il Blocco NC 169, nell’ambito del Western Libyan Gas Project (Eni 50%).

L’Offshore ENI in Libia

Nell’offshore Eni è presente nell’Area C, con il giacimento a olio di Bouri (Eni 50%) e nell’Area D, con il Blocco NC 41, parte del Western Libyan Gas Project. Nella fase esplorativa, Eni è invece operatore nelle Aree Contrattuali onshore A e B e offshore D.

Il Gasdotto GREENSTREAM

Come detto, la Libia è anche gas. Come evidenzia ENI  sul suo sito, “il gasdotto, composto da una linea di 520 chilometri, realizza l’attraversamento sottomarino del Mar Mediterraneo collegando l’impianto di trattamento di Mellitah sulla costa libica con Gela in Sicilia, punto di ingresso nella rete nazionale di gasdotti. La capacità del gasdotto ammonta a circa 8 miliardi di metri cubi/anno. L’approvvigionamento di gas naturale in Libia nel 2017 è stato pari a 4,76 miliardi di metri cubi”. Eni ha confermato che le attività a Mellitah proseguono regolarmente. Le azioni militari che si sono volte attorno alla zona sono avvenute “a più di 25 chilometri di distanza dalle strutture operative ed erano dirette ad una vecchia caserma delle milizie di Zwara”, ha riferito la stessa compagnia italiana che Eni gestisce in joint venture al 50% con la Compagnia petrolifera nazionale (Noc) libica è situato circa 22 km a est di Zuwara e consiste in impianti di trattamento di petrolio e gas.

Prima del verificarsi degli ultimi scontri nel paese, l’Eni era attiva anche nell’attività esplorativa in Libia (prolungata fino al 2019). Lo ricorda la stessa azienda sul suo sito evidenziando, tra l’altro, un esito positivo delle esplorazioni “nell’area contrattuale D con una nuova scoperta a gas e condensati” situata in prossimità dei campi in produzione di Bouri e di Bahr Essalam.

L’ENI si difende da sola in Libia

Gli impianti sono gestiti e protetti da personale locale (spesso contractor stranieri) in coordinamento con quello italiano. E laddove non arriva l’uomo vi è la possibilità di monitorare la situazione con le nuove tecnologie, l’utilizzo di droni e robot che forniscono ai centri di comando e controllo un quadro sempre completo e reale della situazione dei pozzi petroliferi. Eni è all’avanguardia di questa trasformazione grazie al suo nuovo super computer HPC4, il più potente computer industriale al mondo, che consente tecniche di esplorazione più raffinate grazie alle analisi di prossima generazione. Ma ci sono anche nuove tecniche per la semplificazione del processo di perforazione dei giacimenti. Questo modello riesce a  ridurre la necessità di input umani,  aumentando la sicurezza e abbattendo in maniera significativa i costi fino al 50 per cento, oltre a dare maggiore sicurezza nei territori difficili o dove sono in atto conflitti come in Libia.

 

Libia: Fallimento italiano. Eni si difende da sola